Presentazioni d’autore: “Gli imbecilli? Stanno tutti bene” di Giuseppe Cagnato

“Gli imbecilli? Stanno tutti bene” è il romanzo d’esordio di Giuseppe Cagnato, autore di Nulla Die, casa editrice  per la quale ho pubblicato i miei primi due libri da solista. Anche in questo caso la passata edizione di “Più Libri Più Liberi” è stata occasione “galeotta” per conoscere dal vivo Giuseppe, nella vita progettista e arredatore, partecipando assieme ad altre penne nulladieane a una bella e nutrita tavola rotonda domenica 8 dicembre 2013.

“Gli imbecilli? Stanno tutti bene” è stato pubblicato a fine 2012 per la collana lego narrativa.

La recensione è presente anche mio spazio  potpourri di LiberArti Social Reader Writer Artist.

Buona lettura

 

Il romanzo

 

Umberto è impiegato in uno studio di architettura come travet competentissimo ma sottostimato e sottopagato; a un certo punto della sua vita ha la ventura di apprendere la notizia di un’offerta di lavoro piuttosto singolare. Vanda, imponente ed evocativa signora di una certa età, in bilico tra l’omonima soubrette del teatro di rivista  e Moira Orfei, è alla ricerca di un custode sui generis che faccia da supervisore e, per certi versi, moderi le intemperanze degli inquilini di un condominio di provincia di cui possiede la totalità degli appartamenti. Una sorta di ago della bilancia a cui delegare la grossa responsabilità di segnalare il più meritevole per ottenere in eredità, a fronte di bontà, sensibilità e onestàda questi accertate e certificate, in caso di una eventuale dipartita della ricca proprietaria, la totalità delle unità immobiliari.

Alla ricerca spasmodica di una svolta in positivo nella sua vita, connotata da cieli più blu e aria maggiormente rarefatta di quella sino a oggi respirata, Umberto decide di accettare la sfida e trasferirsi nel palazzotto, apprestandosi a condividere di buon grado le storie più o meno dolenti della variegata umanità che lo popola. Ciascuno, infatti, ha deciso di celare al nuovo arrivato la propria intima natura con maggiore o minore sapienza, anche perché la notizia che sarà proprio lui a decidere di segnalare l’erede più papabile a Vanda si è già diffusa attirando, tra l’altro, le proteste veementi di un monsignore, tale don Tarcisio, infastidito dalla prospettiva oramai sempre più concreta, di perdere il lascito a Santa Romana Chiesa delle proprietà dell’esuberante vecchina.

La convivenza a stretto giro con i coinquilini del palazzotto di via Europa, angolo via Terranova, non è delle più facili.

L’idea di un’eredità insperata ha, infatti, portato a galla ogni sorta di conflitto e divergenza, dando corpo e sostanza al più infinitesimale granello di sabbia fino a farlo diventare una montagna pronta a travolgere chiunque si incaponisca a scalarla. E il povero Umberto, che avrebbe voluto intravvedere qualcosa di più di una maschera menzognera, di una forma mero specchio di sostanza, nelle sembianze degli undici inquilini, finisce col metabolizzare questo coacervo di emozioni e sensazioni contrastanti, spesso negative, in un’incipiente colite che lo spinge a meditare di gettare via la spugna.

Venendo meno al suo proposito iniziale, Umberto non ce la fa a fronteggiare con la giusta ironia questa singolar tenzone ed ecco la vita venirgli incontro per livellare, per buona pace sua e magari, inconfessabilmente, della stessa Vanda, meno per qualcun altro, la situazione oramai ingestibile e in piena caduta libera. Con un botto finale, metaforico e letterale, che finisce col collocare fuori gioco vinti e vincitori, spingendo il malcapitato custode in primis a tentare nuove strade, con geniale e provvidenziale lungimiranza. Quella di un novello e sapiente apprendista affabulatore, pronto a ripartire da zero e ad accettare di scommettere ancora su se stesso, almeno per quella parte di destino che gli è dato, in qualche modo, di dirigere autonomamente.

Nel condominio di semiperiferia al centro della narrazione c’è spazio per molte delle contraddizioni che caratterizzano la nostra epoca: vestigie di discriminazione razziale e sessuale, moralismo a buon mercato e condanna per chiunque cerchi di affermare la propria individualità, foss’anche attraverso pratiche new age considerate con sospetto prima di essere bollate come amorali. La forma di non omologazione più genuina è, forse, quella sancita con sconcertante candore dalle azioni di una coppia di anziane, Norina e Irma, pronte a mettersi in gioco, a torto e a ragione, con le loro strampalate e paradossali soluzioni, nelle vicende routinarie dei loro coinquilini con maggiore efficacia degli altri, certe di contribuire sempre e comunque al bene comune.

La scrittura di Giuseppe Cagnato è asciutta, incisiva e graffiante, evidenziando in modo lucido e, per certi, versi ironicamente spietato l’umana fragilità dei tanti personaggi che porta in scena. La sensazione è di un atteggiamento globalmente empatico dell’autore con una scucitura piccolissima, ma tuttavia significativa, di autentica simpatia per il povero Umberto, all’inizio della vicenda ricco di aspettative, vanificate pian piano dall’imbecillità altrui, vigorosa come la miglior gramigna in un campo di grano. Una fiammella di speranza ( “maledetto sia chi la spegnerà per sempre!” ) è la considerazione finale, amara e dolente del protagonista, che tuttavia non demorde e continua a guardare avanti, spedendo in un plico a terzi la sua unica possibilità di salvezza da un mondo incaponito a continuare inderogabilmente per la propria strada.

 

 

L’autore

Giuseppe Cagnato, quarantottenne trevigiano di mestiere progettista e arredatore, appassionato di scrittura e lettura nel tempo libero, suggella con il romanzo “Gli imbecilli? Stanno tutti bene”, pubblicato a inizio del 2013, il suo esordio narrativo per i tipi della Nulla Die, casa editrice siciliana indipendente.

 

Giuseppe Cagnato, Gli imbecilli? Stanno tutti bene, ISBN: 9788897364559, € 16,00