Ieri sera mi è capitato di rileggere la mia prima intervista “seria” rilasciata da autrice al web magazine “Il Democratico”. Era il 26 gennaio 2012 e il mio primo libro, la silloge di racconti “Succo di melagrana, Storie e racconti di vita quotidiana al femminile” era appena stato dato alle stampe. Al di là della foto a corredo, che mi ritrae in “posa da affabulatrice” mostrandomi certamente più giovane ( e, magari, forse meno disincantata riguardo alle faccende legate al mondo dell’editoria e alla pubblicazione di un libro di quanto a oggi io sia ), mi sono soffermata a leggerla con un pizzico di attenzione in più. Giusto o sbagliato che sia mi sono rivista appieno: il tempo è trascorso ed è un dato di fatto. E molte cose della mia vita, personale e di autrice, sono cambiate. Restano tuttavia invariati i capisaldi esistenziali, quelli conquistati in qualche circostanza a denti stretti. Sono ancora in cammino, poco ma sicuro, portando nel mio fardello quotidiano quelle certezze sulle cose e sulla gente sedimentate e poi gelosamente custodite in me stessa, quasi a darmi forza e a spronarmi ad andare avanti, quando il percorso da intraprendere diventa più faticoso e meno agevole.
Un abbraccio a tutti e buona lettura
Abbiamo incontrato nella città dannunziana la scrittrice emergente Lucia Guida, docente di Lingua Inglese: è una splendida quarantenne che ci accoglie nel suo appartamento nella zona dell’università per sorseggiare un tè al bergamotto rigorosamente inglese. Il soggiorno che ci ospita, luminosissimo, ci regala lo spettacolo incantevole di Majella e Gran Sasso al tramonto appena velati dalle nuvole. La sua prima raccolta di racconti “Succo di melagrana. Storie e racconti di vita quotidiana al femminile” edito da Nulla Die sta raccogliendo il crescente favore del pubblico e recensioni molto positive. Fra libri, appunti e ricordi di famiglia la prima domanda è d’obbligo: come si diventa scrittrici?
Da un grande amore per la lettura nato precocemente grazie a mio padre e dalla voglia di scrivere storie che ho avuto sin da bambina. Credo che i miei conservino per ricordo ancora qualcuna di queste mie ‘produzioni’. La vita, poi, mi ha portato a scelte importanti come le mie prime esperienze lavorative, all’estero e in Italia, la maternità, che mi hanno fatto temporaneamente accantonare questa mia passione. Scrivere richiede tempo e una certa dose di serenità, anche interiore, almeno questa è la mia opinione. Ho sempre continuato a leggere moltissimo e a scribacchiare postando in un blog i miei ‘appunti di viaggio’, riflessioni sul mio quotidiano più spicciolo…“
Sul suo profilo facebook abbondano citazioni letterarie: colpisce una di Alessandro Baricco tratta da “Questa storia” che recita: “Sono una donna felice, come lo dovrebbe essere qualunque donna nel riverbero di questa età luminosa. Ho debolezze eleganti, e cicatricicharmantes. Non ho più illusioni sulla nobiltà delle persone, e per questo so apprezzare la loro inestimabile arte di convivere con le proprie imperfezioni. Sono clemente, alla fine, con me stessa e con gli altri.” Davvero lei si riconosce in questa frase?
“La citazione è di uno degli autori preferiti miei e di mia figlia. Mi ci riconosco per intero, soprattutto nel riferimento a quelle che l’autore chiama ‘cicatrici charmantes’: vivere appieno è mettersi in discussione e parimenti accettare anche il rischio di soffrire o di scoprire di se stessi ‘verità scomode’. Credo che questa consapevolezza di fondo, talvolta raggiunta a caro prezzo, ci renda a un certo punto del nostro percorso di vita molto più affascinanti cha a vent’anni e forse più indulgenti verso le fragilità proprie e altrui.“
I suoi racconti descrivono con abilità e disincanto storie femminili
dove spesso le protagoniste vivono amori difficili e contrastati. La sensibilità femminile si scontra inevitabilmente con l’istinto maschile?
“Diciamo che noi donne abbiamo generalmente modalità comunicative verbali maggiori rispetto agli uomini; che investiamo nel sentimento piuttosto che nell’operatività concreta, modalità privilegiata, invece, da voi. Poi ci sono anche moltissimi uomini che hanno scelto di riconoscere (e di accettare!) la parte femminile che è in loro, quella fatta di sensibilità. Come d’altro canto moltissime donne, soprattutto di ultima generazione, che hanno fatto della propria razionalità e lucidità, una volta appannaggio prettamente maschile, un punto di forza del loro agire. Ideale sarebbe, magari, una sorta di complementarietà: accettarsi gli uni e gli altri per quello che si è realmente, per quello che si ha concretamente da offrire, al di là di tipizzazioni ahimè ancora prevalenti nel sentire comune. Una piccola sottolineatura, infine, sulle vicissitudini sentimentali delle protagoniste delle storie: vivono certamente situazioni difficili in cui non c’è sempre posto per l’happy ending, ma alla fine le scelte a cui arrivano sono scelte permeate di speranza, di positività.“
Certe atmosfere del Sud sono lo sfondo privilegiato della sua scrittura. Le sue origini hanno influenzato il suo immaginario emotivo e letterario, ha utilizzato anche spunti del suo vissuto?
“A me piace pensare di essere quella che sono grazie anche alle mie origini e ai valori trasmessi dalla mia terra per il tramite della famiglia. Nei miei racconti, e quindi anche nei sei proposti in ‘Succo di melagrana’, c’è più di uno spunto appartenente al mio vissuto: appunto una storia di famiglia, quella della bambinaia di mia nonna materna nel primo, ad esempio. Ma anche situazioni concrete altrui rivisitate in un’ottica di verosimiglianza in cui, però, c’è sempre posto per una conclusione diversa, personale.“
Quali letture sono state importanti nella sua formazione di scrittrice, considera alcuni modelli imprescindibili per chi voglia accostarsi alla scrittura?
“Da apprendista affabulatrice quale io mi reputo non ho purtroppo potuto avvalermi di corsi di scrittura creativa. Ho sempre, però, letto moltissimo senza limitazioni temporali di sorta con particolare riguardo alla narrativa italiana e straniera; se penso a dei modelli me ne vengono in mente diversi: Thomas Hardy, Jane Austen ma anche Natalia Ginzburg. Sidonie Gabrielle Colette, magari oggi poco apprezzata, Honoré de Balzac. Piacevolissimi i romanzi di Gianrico Carofiglio, scrittore barese di eccellenti legal-thriller, di cui sono una grande estimatrice caratterizzati da uno stile sobrio, essenziale: diretto.“
Ha sempre un libro sul suo comodino e quali libri porterebbe con sé su un’isola deserta per non sentirsi mai sola?
“Il libro attualmente sul comodino è ‘Adamo ed Eva’ di Mark Twain, incentrato sull’eterno conflitto tra uomo e donna, consigliatomi da una cara amica divoratrice di libri come me. Sull’isola deserta porterei decisamente tutti i romanzi di Jane Austen, da me collezionati con certosina pazienza, possibilmente in edizione originale.“
La scrittura al femminile anche in Italia sta conoscendo una stagione di notevole consenso di pubblico. Ama oppure odia qualche autrice in particolare?
“ Consenso e gradimento del pubblico credo siano un omaggio più o meno velato alla grande sensibilità femminile. Ho un ricordo molto tenero dei romanzi di Brunella Gasperini, divorati da adolescente. Credo di non odiare nessuna autrice anche se è capitato talvolta che non portassi a termine la lettura di qualche libro…“
Erotismo e letteratura spesso vanno d’accordo: lei stima più le scrittrici audaci o quelle socialmente e politicamente impegnate?
“Ammiro fortemente chi in maniera aperta e senza pruderie di sorta fa dell’erotismo e della femminilità più intima materia dei propri libri incarnando desideri e fantasie profondi del lettore, anche se le mie simpatie vanno per tutte quelle donne che sono impegnate nel sociale e nella politica. Sono una bella spinta alla riflessione pubblica, al ruolo della donna nella società e alle sue infinite potenzialità … “
Le donne nel Belpaese non sono mai abbastanza presenti in politica, nel mondo del lavoro e purtroppo anche della cultura. Abbiamo un atavico complesso maschilista?
“Una risposta sincera, scevra da posizioni oltranziste? Io credo di si e lo dico con infinito dispiacere, con quella sottile sofferenza femminile che si prova nell’avere quotidianamente la sensazione di “non essere mai abbastanza” e, di conseguenza, dover faticare il doppio, il triplo per convincere chi si ha di fronte della propria intelligenza e valore intrinseci. In situazioni complesse e straordinarie come in episodi di vita vissuta e spicciola.“
Pescara è stata a lungo al centro della drammatica scomparsa di Roberto Straccia, lo studente trovato poi morto sul lungomare di Bari. Come ha vissuto questa vicenda piena di ombre che ha smosso una città intera?
“Sono d’accordo, è una vicenda ancora piena di ombre, di chiaroscuri in cui è difficile intravvedere linee precise. Mi ha colpito la determinazione della famiglia di Roberto nello sperare sino alla fine in una conclusione diversa, più umana. Come madre credo che non vi sia al mondo dolore peggiore e contro natura di quello della perdita prematura di un figlio.“
Si dice spesso che i giovani figli di internet non amino leggere: lei oltre che insegnare è anche madre di due figli. Crede che gli italiani siano inguaribilmente pigri o che i docenti non sappiano motivare abbastanza?
“Dovrei rispondere da prof o da mamma? Scherzi a parte, credo di avere spezzato più di una lancia a favore della lettura. Che nell’invogliare in tal senso i propri figli servano innanzi tutto buone pratiche genitoriali: un buon libro come regalo quale alternativa al più costoso e gettonato video gioco del momento… Ma la lettura come buona abitudine necessita anche di insegnanti sensibili e attenti che sappiano proporre ai propri alunni titoli stimolanti, che li crescano con il gusto della carta stampata. Insomma, che alla teoria più raffinata corrisponda una pratica di sostanza a 360°.“
Vivere e lavorare nella città di Gabriele d’Annunzio ed Ennio Flaiano non la condiziona in qualche modo, scrivere nella città di due mostri sacri non le crea un certo imbarazzo?
“No, affatto. Mettiamola così: la mia è la stessa ammirazione che una brava donna di casa prova di fronte alle raffinatezze preparate da uno chef rinomato. Non c’è contrasto né imbarazzo, dal momento che l’una e l’altro sono impegnati in ambiti differenti. Ciò non toglie che la brava donna di casa non possa cimentarsi nella preparazione di una prelibatezza: non raggiungerà magari la perfezione del primo, ma si divertirà e imparerà senz’altro qualcosa, che poi è, forse, la cosa più importante.“
Sta preparando un seguito alla sua prima silloge di racconti o preferirà cimentarsi con un romanzo vero e proprio? Vuole darci qualche anticipazione.
“Per scaramanzia non anticipo niente, ma come ho già detto ad altri, dopo questa prima silloge di racconti non intendo mettere limiti alla Provvidenza. Ricorro a un’altra citazione, questa volta di Daniel Pennac che recita: ‘Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare.) Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere’. Bello è quando al dovere/piacere di vivere si riesce a coniugare la soddisfazione sottile di sviluppare un’idea fino a vederla concretizzarsi in una storia compiuta.“
Grazie per il tè, squisito davvero, come i biscotti preparati con estrema cura, una ricetta segreta naturalmente. Il sapore di melagrana li ha resi ancora più delicati!
“Le ciambelline sono un felice connubio di tradizione culinaria abruzzese e pugliese. La melagrana una piccola e gradevole concessione scaramantica e innovativa all’oggi…“
Martino Cristiano*