Al SalTo otto anni dopo

Ci sono posti privilegiati che ti prendono così tanto da farti a volte temere che ritornarvi possa spezzare l’incantesimo, quella magia di colori, suoni, sensazioni che rendono indelebile la tua “prima volta”. È forse per questo che in generale raramente torno sul luogo del delitto, anche se si tratta di una fiera libraria importante, kermesse imprescindibile e gioia e dolori per tanti lettori e autori. Stavolta ho glissato su questa mia legge di vita per una buona causa, il mio ingresso in Arkadia, mia nuova casa editrice per la quale in estate nascerà il mio ultimo figlietto di carta, un romanzo di narrativa contemporanea. Nel mio cuore resta comunque un’immensa gratitudine per Amarganta, la prima ad avermi fortemente voluta al SalTo nel 2016 dopo aver creduto nelle mie capacità scrittorie dando alle stampe con entusiasmo e competenza il mio secondo romanzo.

Lucia

I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole

Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal.

Torino ha un’anima complessa. Torino città operaia. Torino città della Fiat. Torino con la tradizione di città capitale. Torino città italiana, anzi romana, ma anche città alpina, che guarda alla Francia e all’Europa. Torino di Gobetti, di Einaudi, di Bobbio, di Gramsci e dell’«Ordine nuovo», Torino comunista e Torino liberale. Torino col suo carattere, la sua sobrietà, la sua serietà, che non si apre e non si dà tanto facilmente, ma che ti accetta quando si convince che impersoni i suoi stessi valori: l’impegno nel lavoro, una forte cultura civica, un senso del dovere che ti compete, per la parte che hai nella vita della città.

A. Levi

Arrivare di sera a Torino, dopo aver perso la coincidenza a Milano e aver traccheggiato in stazione aspettando di ripartire. Essere accolti da un’aria leggera e mite di venerdì sera nel cuore della città pronta ad aprirsi al fine settimana en plein air sotto un cielo ancora chiaro a cui io non sono abituata ma che mi è sempre piaciuto per le enormi potenzialità che con generosità concede sempre alla Luce.

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Adoro le case che hanno il privilegio di ergersi a tetto del mondo aprendo le loro finestre verso l’alto e verso il cielo, di qualsiasi colore esso sia. Per me questo è un chiaro invito ad andare oltre, sorvolando sui tanti sassolini nella scarpa che la quotidianità ci costringe ad accumulare nostro malgrado. Svegliarsi al mattino senza essere costretti a guardare verso il basso è una grandissima consolazione e un invito a pensare al bello e al buono malgrado tutto e tutti, sempre.

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La mia visita al Museo Egizio non è soltanto arricchimento personale ma tributo dovuto a Christian Greco, direttore di questo straordinario presidio torinese di Cultura, che ne ha fatto un capolavoro di assoluta bellezza fruibile da parte di tutti. E i tanti visitatori che di continuano lo affollano sono prova vivente di quanto competenza e passione ben si sposino con il culto del Bello condiviso e partecipato.

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Essere nata in una città di antichissima origine mi ha portata sin da bambina ad apprezzare l’opulenza e il fasto dei palazzi d’epoca di cui anche Torino è ricca. Il mio immaginario è colpito soprattutto dalle ampie scalinate e dall’idea di  flusso continuo di umanità portatrice di pensieri, aspettative, emozioni. Un’energia vitale che si rinnova nei secoli perché è aspaziale e atemporale: è eterna e duratura.

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“Dov’è la festa?”, sembrerebbe suggerire questa immagine. Nonostante i tempi continuino a essere difficili e complessi per chi mette al centro del proprio mondo la Cultura in senso ampio, il pellegrinaggio dei tanti aficionados alla carta stampata e al potere della pagina scritta anche virtualmente è stato anche per quest’anno costante e continuo. A sprezzo  del caldo e delle tante file fatte anche per riempire una semplice bottiglietta d’acqua. Ci sono gratificazioni che non hanno concretezza di spessore tangibile ma che riempiono dentro saziando e nutrendo. Un libro è anche questo e val bene il sacrificio di questo tipo di pellegrinaggio.

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Di recente mi sono appassioinata allo studio della lingua giapponese iniziando tardivamente a occuparmi della cultura del sol levante. Un modo di concepire l’esistenza per certi versi controverso, certamente affascinante, in cui ogni cosa si contrappone spesso al suo esatto opposto invitando gli osservatori esterni come me a una riflessione puntuale, scevra da sovrastrutture, per procurarsi un’opinione personale e obiettiva. Non so se andrò mai in Giappone, ma un pezzo di questa terra è già dentro di me in un angolo protetto del mio cuore.

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Lucia Guida

NB: le foto di quest’articolo sono state interamente scattate dalla sua autrice nelle seguenti location: Quadrilatero di Torino,  Museo Egizio, Lingotto Fiere, Palazzo Barolo in Torino.

Un Libro ti cambia la vita

Un Libro ti cambia la vita.
Con me di sicuro lo ha fatto, regalandomi gioia e soddisfazioni infinite da bambina ottenne, dall’istante in cui ho scoperto che dono potesse essere la lettura leggendo il mio primo libro “da grande” a oggi, adulta fatta. Leggere di continuo mi ha permesso di lavorare di fantasia, sollevandomi da una realtà che facevo fatica ad accettare e che talvolta non capivo per portarmi in luoghi magici lontani fisicamente ma così vicini al mio sentire. A terminare in bellezza anche le giornate più faticose concedendomi qualche pagina di pura meraviglia. A mantenermi come autrice con i piedi ben piantati per terra: c’è sempre qualcuno da ammirare dal punto di vista scrittorio perché è stato in grado di guardarti dentro e di portare allo scoperto quello che faticavi ad ammettere.
Forse dovremmo scrivere meno libri e leggere molto ma molto di più. Lo dovremmo fare come forma di meditazione personale con l’entusiasmo e la voglia di migliorarci mettendo da parte un’autoreferenzialità che non aiuta mai a crescere. Compriamo libri dove più ci pare e regaliamoli alle persone a cui più teniamo invece di prestarli: perché un libro è un amico sincero e intimo e non va dato con facilità a terzi.
Leggiamo sempre e comunque tantissimi libri.
Non ce ne pentiremo, mai.
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In foto Lucia con una delle sue Bibbie, l’opera omnia di Wislawa Szymborska. Lo scatto è della bravissima fotografa Rossana Lamanna, dicembre 2018

Haiku di Buona Pasqua

Non sono una grande poetessa perciò prendete queste mie righe per quello che sono nella realtà: una sorta di  divertissement scrittorio rubato al fluire del tempo. La settimana di Pasqua volge al termine alternando nuvole, pioggia e sole inframezzati da piccole tempeste che si concludono in modo fortunatamente rapido e indolore. Le giornate continuano ad allungarsi sulla nostra quotidianità punteggiata da piccole e grandi incombenze che non sempre riusciamo a rimandare e che la fanno da padrone sui propositi migliori. 
La Primavera c’è e si sente, dentro e fuori di noi.
Auguri ricamati di serenità e salute a tutti. A rileggerci presto.

Lucia 

Haiku di Primavera

Scrivo veloce

mentre la pioggia fina

canta sul tetto

Lucia Guida (2024)

crepuscolo sul mare
“Crepuscolo sulla spiaggia di Pescara”, marzo 2024, foto di Lucia


New Year, New Life, New Start: un pomeriggio al cinema con “Il ragazzo e l’airone” di Hayao Miyazaki

Anno nuovo, vita rinnovata, nuovi inizi. Un nuovo template per la mia pagina di autrice su WP e un pomeriggio al cinema con “Il ragazzo e l’airone” di. H Miyazaki. Perché nella vita nulla è lasciato al caso, mai. Per voi i miei appunti di viaggio e la mia lettura informale del film, da amica di penna e di storie.
A rileggerci presto

Lucia


風を受け走り出す がれきを越えていく

この道の行く先に 誰かが待っている

光さす夢を見る いつの日も

地球儀, 米津 玄師 




La vita ci offre sempre spunti grandiosi per chiudere il cerchio.

Con me lo ha fatto invogliandomi ad andare a vedere al cinema l’ultimo capolavoro di Hayao Miyazaki, Il ragazzo e l’airone, prodotto da Studio Ghibli e distribuito in Italia da Lucky Red. È la storia di un preadolescente tormentato dalla prematura perdita di sua madre e insofferente verso suo padre e verso la sua nuova compagna, Natsuko, sorella di sua madre, nei confronti della quale non riesce a nutrire la medesima incondizionata accettazione mostrata dalla donna nei suoi confronti, né accetta la sua gravidanza che lo trasformerà in fratello maggiore. Il film, dal I gennaio anche nelle sale italiane, ha fatto incetta di premi e di incassi oltre ad aver stuzzicato la curiosità degli spettatori per la lunga gestazione, metastoricamente parlando, che ha spinto il suo artefice a interpretare attraverso un lungometraggio animato di più di due ore la complessità della realtà di tutti i giorni. Tra i tanti notevoli spunti di riflessione quello che porto via con me è la considerazione vitale di come non sia peccato cambiare opinione sulla gente e sulle cose del mondo se soltanto ci si rende conto di essere sul punto di compiere un errore madornale. Attraverso un percorso alla Lewis Carroll,  popolato da personaggi bizzarri equamente suddivisi tra figure benevole e altre che lo sono molto meno nonostante l’apparenza piacevole e colorata, Mahito crescerà e si evolverà grazie a  un personalissimo viaggio dell’eroe espiando la sua iniziale (anche se umanissima e per certi versi condivisibile) mancanza di empatia verso Natsuko, unica dall’inizio della storia ad avergli teso una mano per riportarlo nella tranquillità di un’esistenza domestica fatta di affetti concreti. La mia chicca personale finale extra è stata ascoltare a fine proiezione, quale parte della colonna sonora del film, il brano 地球儀(ちきゅうぎ)Chikyuugi  “Spinning Globe” interpretato da  Kenshi Yonezu; pezzo in giapponese che le sensei Haruka-san e Grazia-san avevano proposto quest’anno a noi corsisti della sessione invernale Nyūmon 2 quale input extra da coltivare e su cui esercitarci. Ve ne propongo il testo in lingua originale e nella traduzione inglese perché possiate fruirne appieno. Quanto a me, spero di riprendere al più presto e in maniera più sistematica e costante il percorso culturale e linguistico nel paese del Sol Levante iniziato nella primavera scorsa.

僕が生まれた日の空は 高く遠く晴れ渡っていた

行っておいでと背中をなでる 声を聞いたあの日

季節の中ですれ違い 時に人を傷つけながら

光に触れて影を伸ばして さらに空は遠く

風を受け走り出す がれきを越えていく

この道の行く先に 誰かが待っている

光さす夢を見る いつの日も

とびらを今開け放つ 秘密をあばくように

あき足らず思いはせる 地球儀を回すように

僕が愛したあの人は  誰も知らないところへ行った

あの日のままの優しい顔で 今もどこか遠く

雨を受け歌い出す  人目もかまわず

この道が続くのは 続けと願ったから

また出会う夢を見る いつまでも

ひとかけら握りこんだ 秘密を忘れぬように

最後まで思いはせる 地球儀を回すように

あぁ、小さな自分の 正しい願いから始まるもの

ひとつ淋しさを抱え 僕は道を曲がる

風を受け走り出す がれきを越えていく

この道の行く先に 誰かが待っている

光さす夢を見る いつの日も

とびらを今開け放つ 秘密をあばくように

手が触れ合う喜びも 手放した悲しみも

あき足らず描いていく 地球儀を回すように



The clear sky on the day I was born was

So high, distant, and endless

The day I heard a voice patting me

On the back telling me to go ahead

Faces I met in the seasons

At times hurting one another

Shine by the light, the shadow extends

As the sky grows further away

I catch the wind and start running, overcoming the rubble

At the end of this road, someone is waiting for me

Dream of light shining through, at any day of the week

Open the door this moment, like revealing hidden secrets

Can’t hold myself longing for more, like the spinning globe

The person I loved

Has gone to somewhere no one knows

With the usual kind smile as any other day

Still somewhere far away

I take in the rain and start singing, not minding if seen

This road continues because I wished it would continue

I dream of meeting again, for ever and ever

I grasped the fragment firmly, so the secret remains

I’ll keep longing till the end, like the spinning globe

It all starts from an innocent wish made long ago

Carrying the loneliness in my heart

I turn the corner

I catch the wind and start running, overcoming the rubble

At the end of this road, someone is waiting for me

Dream of light shining through, at any day of the week

Open the door this moment, like revealing hidden secrets

The joy of holding ones hand, the suffering of losing one

Can’t hold myself from picturing, like the spinning globe*

*parole, melodia e interpretazione di K. Yonezu




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ph. credits: una scena del lungometraggio e una delle locandine filmiche reperibili su luckyreddotit

In Arkadia

Durante tutti questi mesi ho dedicato le mie energie a tante cose belle e creative mentre provavo a crescere un po’ scrittoriamente.
Pochi giorni fa ho firmato per Arkadia Editore che pubblicherà a fine primavera il mio quarto romanzo. Sono felicissima di questo importante tassello che mi aiuta ad ampliare i miei orizzonti di affabulatrice e di persona. Spero che questa nuova avventura mi porti verso Itaca con consapevolezza e lievità rinnovate. Io sono felice, voi siatelo per me, di cuore.

Lucia

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“At Home”, scatto di ottobre 2023

“Non isdegnare queste
Nelle spiagge di Pindo
D’erbe, e di fior conteste
Per man d’Illustri Femmine canore
Che mal grado di Morte altrui dan Vita”

Giovanni Battista Recanati (1687-1734/35)

Thinking and Writing as an English Teacher – 18th Lesson


Rampant ambition is addictive to those who practise it

 

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ph. credit: flickrdotcom

 

“L’ambizione sfrenata crea dipendenza in coloro che la praticano”

 

 

Chi legge scrive (e vive) bene

Come è nata in Lucia la voglia di scrivere? Provo a sintetizzarlo in poche righe tornando indietro nel tempo con occhi proiettati sulla “me” di oggi.

Arrivare a marzo 2023 per pubblicare qualcosa su questa pagina non significa affatto che io nel frattempo non abbia avuto niente da dire e da trasmettere a terzi attraverso le mie parole. Significa aspettare l’occasione giusta per farlo: in questo caso l’invito di Umberto Braccili, tra i fondatori dell’Associazione “Gigino Braccili”, intitolata a suo padre, uomo di lettere e gran bella persona come suo figlio, provando a  mettere nero su bianco pensieri sparsi di vita ma anche di scrittura.
Per il mio esordio sulla piattaforma dell’Associazione avevo parlato di slow life, della capacità di assaporare la vita a piccoli sorsi godendo di piccole cose, magari per qualcuno infinitesimali e di gusto trascurabile, che per altri, invece, rappresentano quel granello di sale (o di zucchero?) extra che fa la differenza nel traghettarci da una sponda all’altra o semplicemente nell’aiutarci a procedere col giusto ritmo. Un passo attento, consapevole ma calibrato a nostra misura. Che è, forse, la cosa migliore che ciascuno di noi possa augurare a sé stesso.
A rileggerci presto

Chi legge scrive ( e vive) bene 

Mi piace pensare che per un autore scrivere non rappresenti un dovere quanto piuttosto un piacere da centellinare pian piano e soprattutto da assaporare quando si ha realmente qualcosa da comunicare al prossimo.

Perché, allora, continuare a scrivere e pubblicare in un’epoca in cui si legge pochissimo e, per contro, si è accerchiati da una marea infinita di libri dati alle stampe a ritmo continuo? Ci sono giorni in cui me lo chiedo con insistenza anch’io. Da quel lontano 2007 in cui da blogger cominciai in una community virtuale a scrivere su una pagina dedicata i primi post su suggerimento di una persona di famiglia con un intento probabilmente forse più terapeutico rispetto al desiderio di mettermi alla prova come affabulatrice.

Non è che di prodromi in tal senso non ce ne fossero già stati, chiariamo. I miei ricordi d’infanzia sono connotati a macchia di leopardo con le immagini sbiadite dal tempo di Lucia che si diverte a scrivere mini fiabe sui tovagliolini monovelo delle pasticcerie (perché erano forse il foglio più a portata di mano accanto a un bignè alla crema che era la mia passione di allora). Ero piccolissima e talvolta avevo difficoltà a discriminare l’uso corretto delle doppie o la correttezza ortografica nelle parole con consonanti sonore e sorde ma avevo già voglia di narrare.

Storie fantastiche, possibilmente a lieto fine, in cui l’happy ending strizzava l’occhio a cavalieri e dame. O a una fanciulla salvata da un prode cowboy, scampata a un rapimento di una tribù di indiani pellerossa grazie a un felice baratto (una cassa di fucili per la vita della fragile donzella). Prove ingenue ma piene di entusiasmo e di poesia. Ricordo poi il periodo delle agende rilegate in similpelle o velluto, rubate dalla scrivania di mio padre e riempite di poesie vergate con forza a mano con stilografiche di colore blu, meno serioso dell’inchiostro nero, acquistate nell’emporio di fronte casa che le vendeva assieme ai cioccolatini sfusi e alle caramelleripiene al gusto di crema.

A seguire il periodo dei romanzi scritti in punta di adolescenza: quelli con una storia che si dipanava e poi cambiava direzione sull’onda delle sensazioni del momento: la descrizione del primo bacio o del primo tormento d’amore, sorrisi e pianti a dirotto che si alternavano con la sistematicità con cui ci barcameniamo tra una giornata di sereno e un acquazzone estivo.
Poi nella mia vita un periodo lunghissimo di latenza scrittoria. Unico elemento costante il perdurare della lettura di tantissimi libri di argomenti e autori quanto mai vari; qualcuno lo prendevo in prestito, di nascosto, dalla biblioteca paterna o del nonno materno ed era forse un po’ fuori tempo e aveva un gusto precoce per una ragazzina curiosa e avida di vita, quanto meno letteraria, come me.

C’è stato anche il periodo delle letture disimpegnate e sarebbe ipocrisia negarlo, ma lì c’era la vita col suo orologio biologico e la sete di leggerezza a farla da padrone e a ispirarmi. Poi, all’improvviso, il ritorno alla pagina bianca, cartacea o virtuale, e l’esigenza rinnovata di raccontarmi attraverso la narrazione di storie pescate dal mio immaginario ma anche da tanta vita realmente vissuta e trasformate in racconti e romanzi.

Qualche poesia in versi sciolti perché la metrica non è mai stata il mio forte ma l’urgenza di esprimere al mondo il mio sentire, quella sì, non si è mai attenuata. Continuando a leggere moltissimo, quasi ai ritmi della mia adolescenza con la consapevolezza adulta e cresciuta che il proprio mondo interiore (e di scrittura) hanno necessità di confrontarsi col mondo altrui e non semplicemente per scoprire dove stiamo andando ma perché una pagina scritta bene può essere la chiave di volta della propria e altrui conoscenza avendo il potere concreto di svelare a noi stessi anche ciò che con abilità più o meno consapevole a noi stessi celiamo. Facendolo riaffiorare pian piano, portandolo con forza alla nostra attenzione.

Affinandone gli angoli e trasformandolo in uno di quei ciottoli levigati che ci piace raccogliere in riva al mare e portare via attratti dalla lucentezza imprevista dovuta all’acqua salmastra che lo ha lambito: una componente semplice ma necessaria per valorizzare quella striatura iridescente di cui diversamente forse non ci saremmo mai accorti.

Lucia Guida

L’articolo originale è qui  

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Bloggheggiando alla fine di quest’anno – di partenze, pit stop e ripartenze

Quattro mesi di latitanza da questo blog di autrice sono davvero troppi anche se non me ne sono stata con le mani in mano. E quindi è per me piacevolmente d’obbligo fare il punto della situazione a pochi giorni dalla fine dell’anno.
“Come gigli di mare tra la sabbia”, Alcheringa (2021), mio ultimo romanzo pubblicato ha debuttato nell’universo/metaverso (io lo chiamo così perché è talmente variegato da dedicare una sottolineatura sui generis) dei concorsi letterari nazionali e internazionali ottenendo segnalazioni e visibilità, cosa non indispensabile ma incoraggiante per la sua creatrice.  Nel frattempo ho continuato a stilare recensioni librarie e filmiche sul portale di  Arte Libri Cinema Musica “Cyrano Factory”; dei miei piccoli contributi scrittorii in un’antologia di AAVV, nella rivista letteraria Arethusa, e con la mia minibio in un’opera collettiva dedicata a molti autori abruzzesi vi avevo già parlato.
Sempre a livello editoriale in pentola bolle qualcosa di nuovo di cui, però, mi riservo al momento giusto di parlare con maggiore ampiezza. Continuo a scrivere, questo sì, ma senza l’assillo di un’imminente pubblicazione. Coltivo la mia sfaccettatura social con i miei appunti di viaggio su Meta; lavoro a crochet e realizzo progetti unici e speciali pensando a me in primis e non semplicemente a chi li indosserà. Sogno di moltiplicare il tempo che ho a disposizione (meno di quello che mi servirebbe, ma questo è un altro discorso) per fare solo ciò che mi fa star bene. Ho dalla mia parte pochissime amicizie realmente sentite e disinteressate che coltivo e cerco di restare al bordi della pista da ballo in altre dimensioni per salvaguardare il mio libero diritto di farmi e perseguire un’opinione personale con coerenza.
Vivo la mia “Vita da Lucia”, insomma. Quella che mi sono creata poco a poco a mia immagine e somiglianza, che mi gratifica e appaga, che mi permette a gambe incrociate di ammirare in riva al mare tramonto e luna che sorge ma anche alba senza perdermi il suono armonioso della risacca e il profumo intenso della salsedine.

Auguri di cose speciali a chi passerà di qui. Prodighiamoci perché i nostri desiderata si avverino senza mettere limiti alla provvidenza ma con un briciolo di sano egoismo, continuando a volerci bene.
Noi ci rileggiamo presto, promesso.

Lucia

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Impressioni di un agosto salentino

Chi mi segue da tempo sa che a me piacciono gli scatti emotivi, quelli impregnati di umoralità e colore  caratterizzati da piccoli particolari all’apparenza insignificanti. È quello che ho cercato di trasmettere anche attraverso quest’ultimo reportage fotografico emotivo-sentimentale  in un breve interludio salentino, terra da cui mancavo da ben diciotto anni.
Lascio, quindi, commentare i miei pensieri alle immagini, limitandomi a fornire brevissime didascalie laddove reputo ce ne sia bisogno. Il resto tocca a voi: incontrarsi a metà strada serve a questo, a raccogliere ciottoli di mare sulla battigia privilegiando quelli che più ci hanno colpiti per portarli via con noi
A presto

Lucia

“Anche noi, come l’acqua che scorre, siamo viandanti in cerca di un mare”
Juan Baladán Gadea, citazione letta sulla litoranea verso Tricase di Castro Marina (Le)

Andare alla ricerca di acqua limpida (o di fresche, dolci acque, se preferite) è il tormentone che mi assale vivendo in una città di mare dalla movida ammiccante e variegata ma ahimè dalle spiagge “pettinate” per bene in cui poco è lasciato alla creativa rivisitazione del turista e troppo alla pianificazione di chi vuole che tu ti diverta di default. Il Salento in questo lascia la libertà di scegliere se affollare località vacanziere come Gallipoli o preferire cittadine dal flusso turistico un po’ più contenuto. In comune, tuttavia, c’è la qualità delle acque certamente di grado superiore sia di giorno che al calar del sole che ti invitano a fare un bagno rinfrescante accarezzata da lu ventu  che soffia a ogni ora sotto forma di brezza, tramontana, scirocco o ponente.

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