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Au Feminin Thinking and Writing and Not Only

Categoria: appunti di viaggio

Chi legge scrive (e vive) bene

Arrivare a marzo 2023 per pubblicare qualcosa su questa pagina non significa affatto che io nel frattempo non abbia avuto niente da dire e da trasmettere a terzi attraverso le mie parole. Significa aspettare l’occasione giusta per farlo: in questo caso l’invito di Umberto Braccili, tra i fondatori dell’Associazione “Gigino Braccili”, intitolata a suo padre, uomo di lettere e gran bella persona come suo figlio, provando a  mettere nero su bianco pensieri sparsi di vita ma anche di scrittura.
Per il mio esordio sulla piattaforma dell’Associazione avevo parlato di slow life, della capacità di assaporare la vita a piccoli sorsi godendo di piccole cose, magari per qualcuno infinitesimali e di gusto trascurabile, che per altri, invece, rappresentano quel granello di sale (o di zucchero?) extra che fa la differenza nel traghettarci da una sponda all’altra o semplicemente nell’aiutarci a procedere col giusto ritmo. Un passo attento, consapevole ma calibrato a nostra misura. Che è, forse, la cosa migliore che ciascuno di noi possa augurare a sé stesso.
A rileggerci presto

Chi legge scrive ( e vive) bene 

Mi piace pensare che per un autore scrivere non rappresenti un dovere quanto piuttosto un piacere da centellinare pian piano e soprattutto da assaporare quando si ha realmente qualcosa da comunicare al prossimo.

Perché, allora, continuare a scrivere e pubblicare in un’epoca in cui si legge pochissimo e, per contro, si è accerchiati da una marea infinita di libri dati alle stampe a ritmo continuo? Ci sono giorni in cui me lo chiedo con insistenza anch’io. Da quel lontano 2007 in cui da blogger cominciai in una community virtuale a scrivere su una pagina dedicata i primi post su suggerimento di una persona di famiglia con un intento probabilmente forse più terapeutico rispetto al desiderio di mettermi alla prova come affabulatrice.

Non è che di prodromi in tal senso non ce ne fossero già stati, chiariamo. I miei ricordi d’infanzia sono connotati a macchia di leopardo con le immagini sbiadite dal tempo di Lucia che si diverte a scrivere mini fiabe sui tovagliolini monovelo delle pasticcerie (perché erano forse il foglio più a portata di mano accanto a un bignè alla crema che era la mia passione di allora). Ero piccolissima e talvolta avevo difficoltà a discriminare l’uso corretto delle doppie o la correttezza ortografica nelle parole con consonanti sonore e sorde ma avevo già voglia di narrare.

Storie fantastiche, possibilmente a lieto fine, in cui l’happy ending strizzava l’occhio a cavalieri e dame. O a una fanciulla salvata da un prode cowboy, scampata a un rapimento di una tribù di indiani pellerossa grazie a un felice baratto (una cassa di fucili per la vita della fragile donzella). Prove ingenue ma piene di entusiasmo e di poesia. Ricordo poi il periodo delle agende rilegate in similpelle o velluto, rubate dalla scrivania di mio padre e riempite di poesie vergate con forza a mano con stilografiche di colore blu, meno serioso dell’inchiostro nero, acquistate nell’emporio di fronte casa che le vendeva assieme ai cioccolatini sfusi e alle caramelleripiene al gusto di crema.

A seguire il periodo dei romanzi scritti in punta di adolescenza: quelli con una storia che si dipanava e poi cambiava direzione sull’onda delle sensazioni del momento: la descrizione del primo bacio o del primo tormento d’amore, sorrisi e pianti a dirotto che si alternavano con la sistematicità con cui ci barcameniamo tra una giornata di sereno e un acquazzone estivo.
Poi nella mia vita un periodo lunghissimo di latenza scrittoria. Unico elemento costante il perdurare della lettura di tantissimi libri di argomenti e autori quanto mai vari; qualcuno lo prendevo in prestito, di nascosto, dalla biblioteca paterna o del nonno materno ed era forse un po’ fuori tempo e aveva un gusto precoce per una ragazzina curiosa e avida di vita, quanto meno letteraria, come me.

C’è stato anche il periodo delle letture disimpegnate e sarebbe ipocrisia negarlo, ma lì c’era la vita col suo orologio biologico e la sete di leggerezza a farla da padrone e a ispirarmi. Poi, all’improvviso, il ritorno alla pagina bianca, cartacea o virtuale, e l’esigenza rinnovata di raccontarmi attraverso la narrazione di storie pescate dal mio immaginario ma anche da tanta vita realmente vissuta e trasformate in racconti e romanzi.

Qualche poesia in versi sciolti perché la metrica non è mai stata il mio forte ma l’urgenza di esprimere al mondo il mio sentire, quella sì, non si è mai attenuata. Continuando a leggere moltissimo, quasi ai ritmi della mia adolescenza con la consapevolezza adulta e cresciuta che il proprio mondo interiore (e di scrittura) hanno necessità di confrontarsi col mondo altrui e non semplicemente per scoprire dove stiamo andando ma perché una pagina scritta bene può essere la chiave di volta della propria e altrui conoscenza avendo il potere concreto di svelare a noi stessi anche ciò che con abilità più o meno consapevole a noi stessi celiamo. Facendolo riaffiorare pian piano, portandolo con forza alla nostra attenzione.

Affinandone gli angoli e trasformandolo in uno di quei ciottoli levigati che ci piace raccogliere in riva al mare e portare via attratti dalla lucentezza imprevista dovuta all’acqua salmastra che lo ha lambito: una componente semplice ma necessaria per valorizzare quella striatura iridescente di cui diversamente forse non ci saremmo mai accorti.

Lucia Guida

L’articolo originale è qui  

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Bloggheggiando alla fine di quest’anno – di partenze, pit stop e ripartenze

Quattro mesi di latitanza da questo blog di autrice sono davvero troppi anche se non me ne sono stata con le mani in mano. E quindi è per me piacevolmente d’obbligo fare il punto della situazione a pochi giorni dalla fine dell’anno.
“Come gigli di mare tra la sabbia”, Alcheringa (2021), mio ultimo romanzo pubblicato ha debuttato nell’universo/metaverso (io lo chiamo così perché è talmente variegato da dedicare una sottolineatura sui generis) dei concorsi letterari nazionali e internazionali ottenendo segnalazioni e visibilità, cosa non indispensabile ma incoraggiante per la sua creatrice.  Nel frattempo ho continuato a stilare recensioni librarie e filmiche sul portale di  Arte Libri Cinema Musica “Cyrano Factory”; dei miei piccoli contributi scrittorii in un’antologia di AAVV, nella rivista letteraria Arethusa, e con la mia minibio in un’opera collettiva dedicata a molti autori abruzzesi vi avevo già parlato.
Sempre a livello editoriale in pentola bolle qualcosa di nuovo di cui, però, mi riservo al momento giusto di parlare con maggiore ampiezza. Continuo a scrivere, questo sì, ma senza l’assillo di un’imminente pubblicazione. Coltivo la mia sfaccettatura social con i miei appunti di viaggio su Meta; lavoro a crochet e realizzo progetti unici e speciali pensando a me in primis e non semplicemente a chi li indosserà. Sogno di moltiplicare il tempo che ho a disposizione (meno di quello che mi servirebbe, ma questo è un altro discorso) per fare solo ciò che mi fa star bene. Ho dalla mia parte pochissime amicizie realmente sentite e disinteressate che coltivo e cerco di restare al bordi della pista da ballo in altre dimensioni per salvaguardare il mio libero diritto di farmi e perseguire un’opinione personale con coerenza.
Vivo la mia “Vita da Lucia”, insomma. Quella che mi sono creata poco a poco a mia immagine e somiglianza, che mi gratifica e appaga, che mi permette a gambe incrociate di ammirare in riva al mare tramonto e luna che sorge ma anche alba senza perdermi il suono armonioso della risacca e il profumo intenso della salsedine.

Auguri di cose speciali a chi passerà di qui. Prodighiamoci perché i nostri desiderata si avverino senza mettere limiti alla provvidenza ma con un briciolo di sano egoismo, continuando a volerci bene.
Noi ci rileggiamo presto, promesso.

Lucia

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Impressioni di un agosto salentino

Chi mi segue da tempo sa che a me piacciono gli scatti emotivi, quelli impregnati di umoralità e colore  caratterizzati da piccoli particolari all’apparenza insignificanti. È quello che ho cercato di trasmettere anche attraverso quest’ultimo reportage fotografico emotivo-sentimentale  in un breve interludio salentino, terra da cui mancavo da ben diciotto anni.
Lascio, quindi, commentare i miei pensieri alle immagini, limitandomi a fornire brevissime didascalie laddove reputo ce ne sia bisogno. Il resto tocca a voi: incontrarsi a metà strada serve a questo, a raccogliere ciottoli di mare sulla battigia privilegiando quelli che più ci hanno colpiti per portarli via con noi
A presto

Lucia

“Anche noi, come l’acqua che scorre, siamo viandanti in cerca di un mare”
Juan Baladán Gadea, citazione letta sulla litoranea verso Tricase di Castro Marina (Le)

Andare alla ricerca di acqua limpida (o di fresche, dolci acque, se preferite) è il tormentone che mi assale vivendo in una città di mare dalla movida ammiccante e variegata ma ahimè dalle spiagge “pettinate” per bene in cui poco è lasciato alla creativa rivisitazione del turista e troppo alla pianificazione di chi vuole che tu ti diverta di default. Il Salento in questo lascia la libertà di scegliere se affollare località vacanziere come Gallipoli o preferire cittadine dal flusso turistico un po’ più contenuto. In comune, tuttavia, c’è la qualità delle acque certamente di grado superiore sia di giorno che al calar del sole che ti invitano a fare un bagno rinfrescante accarezzata da lu ventu  che soffia a ogni ora sotto forma di brezza, tramontana, scirocco o ponente.

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Thinking and Writing as an English Teacher – 17th Lesson

You cannot write in a dignified manner if you have not fed and are not feeding more than abundantly on good reading

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“Milano non è mai stata una città di ricordi” (cit.) – appunti di viaggio in visita alla Pinacoteca di Brera

Milano è la seconda città che ho iniziato a scoprire per ragioni di tipo familiare grazie a mio figlio Emanuele che lì vive e lavora dai tempi dell’università. Per tale ragione è meta frequente di weekend all’insegna dell’arte, di iniziative culturali a vario titolo e di scoperta delle infinite possibilità che offre. A me che da relativamente poco la sto conoscendo appare simile a un prisma di cristallo: luminosa, dalle tante sfaccettature, in movimento perenne. Sospesa in un ideale presente permeato da un passato importante e protesa irreversibilmente verso un futuro che è cambiamento continuo e divenire incessante.
Com’è di consueto per me condividerò qui alcuni scatti emotivi presi alla Pinacoteca di Brera frutto delle mie impressioni di visitatrice curiosa e affascinata dalla ricchezza artistica che contraddistingue da sempre questo importante luogo della memoria.
Buona visione a tutti

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Rispondere alle esigenze del tempo proprio e altrui è sinonimo di grande consapevolezza. È questo che il museologo e critico d’arte Franco Russoli sembra voler comunicare a chiunque, per dovere o per diletto, cerchi di entrare in sintonia con la città di Milano

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Una giornata di sole, un cielo pulito prigioniero della copertura in rete a maglie strette che sovrasta il cortile interno della Pinacoteca sembrano suggerire come la Bellezza, oggi forse che più in passato, abbia necessità di essere protetta con amorevolezza e assertività per continuare a svolgere la sua funzione salvifica.

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Il tempo scorre con la stessa risolutezza di sempre quasi a voler sottolineare con la propria intransigenza il bisogno di ciascuno di noi di farne uso prezioso di nutrimento dell’anima

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La figura femminile trova ampio spazio nelle sale della Pinacoteca, tanto nelle numerose madonne con bambino quanto in ritratti di nobildonne o popolane. Quello che colpisce è la pacatezza dell’espressione immortalata dagli artisti che si sono occupati di raffigurarle: che siano affrante dal dolore, pensose, turbate da una notizia poco felice appena ricevuta o semplicemente illuminate dall’ombra di un sorriso queste Donne cercano di dare di loro stesse un’immagine pacata quasi a prefigurare attraverso di essa il destino che le segnerà nel corso dei secoli sino ad oggi. Quel segno di forza che non le abbandonerà mai e a cui attingeranno a mani piene nella buona e nella cattiva sorte e che le aiuterà a risorgere sempre a nuova vita.

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Anche una finestra schermata per evitare che troppa luce distolga il visitatore e danneggi i capolavori oggetto della sua ammirazione diventa opera d’arte attraverso il chiaroscuro che lascia intravvedere e la luminosità che stempera con sapienza

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Un lucernario artistico può a ragione contribuire alla luminosità discreta di uno scrigno prezioso a mo’ di pennellata sapiente 

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"Intérieur à la baie", M. Estève

Torneranno i tempi

Sono giornate dall’andamento lento in cui anche i gesti più semplici costano la fatica di pensare a cosa potrebbero portare, nel bene e nel male. È allora che la poesia ci viene incontro e ci aiuta a meditare mentre ci allunghiamo verso sera e verso l’idea di nuove giornate da affrontare con la giusta determinazione.
Per voi un mio componimento in versi scritto a fine lockdown 2020 e poi pubblicato nell’antologia di AAVV “AbbracciamoilMondo” a cura di Leonardo Onida per i tipi della Lùdo Edizioni  
Buona lettura e a presto

Lucia 

 

TORNERANNO I TEMPI

 

Torneranno i tempi

delle giravolte in piazza

e dei fili d’erba verde tenuo

amari

masticati a primavera.

Dell’aria tiepida e carezzevole

delle sere d’estate,

delle conchiglie calpestate a piedi nudi

sulla battigia.

Dei brividi a pelle

e degli sguardi muti.

Dei gesti rubati

e di quelli regalati.

Delle coccinelle

poggiate su vetri di finestra

aperti

e della nostalgia

blu oltremare

di fine giornata.

Torneranno.

E ci troveranno

lì ad aspettare

alla fermata dell’autobus,

le mani in tasca

e lo sguardo perso

in un sogno di bellezza

appena sfumato.

Lucia Guida



“Torneranno i tempi” in A.A.V.V., “AbbracciamoilMondo”, Tissì (SS), Lùdo Edizioni, 2020.



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"Profilo di giovane donna con capelli al vento", R. Guttuso (1945)

Il sale caduto non si raccoglie mai del tutto (proverbio spagnolo) – scatti emotivi di una vacanza nella Sicilia occidentale

Quando ad aprile ho progettato questa vacanza con una figlia di continuo super impegnata ma altrettanto disponibile a trascorrere qualche giorno di vacanza con me, non avrei mai pensato a un epilogo così suggestivo. In palio c’era una settimana a Favignana (bellissima ma ad agosto, com’era prevedibile, troppo affollata per i miei gusti) e una giornata di stop a Trapani in attesa di riprendere l’aereo per casa.
Le saline di Nubia hanno rappresentato il giusto compromesso per riconciliarmi con luoghi e paesaggi che avrebbero, forse, meritato di essere visitati in un periodo più incline alla riflessione silenziosa e a temperature più dolci e miti.
Non rinnego nulla della mia vacanza ma aggiungo le Egadi alla mia wishlist vacanziera “di ritorno”: con una promessa ben precisa, soggiornare a Marettimo per godermi il sussurro del mare nella maniera più incontaminata e autentica possibile

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Tutto ha avuto inizio in questo edificio ora adibito a museo e un tempo operoso di vita reale e di lavoro incessante dal sapore amaro di sale

in foto, Museo/Mulino del Sale di Nubia (Tp)

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Una tegola può proteggere dal sole, dalla pioggia, dalla calura. Nella vita di ciascuno di noi non dovrebbe mai mancare un posto speciale in cui rifugiarci

in foto, veduta delle saline di Nubia dal terrazzo dell’edificio museale

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Non c’è vento che tenga se non sai dove andare e cosa raggiungere

in foto l’antico mulinu a stidda, il mulino a stella, in legno, pietra e zinco

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Nihil esse utilius sale et sole

(cit.)

In foto, mucchi di sale nella parte finale del percorso di visita di parte della Riserva Naturale Orientata Saline di Trapani e Paceco

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Saper guardare oltre è un artificio di vita e resilienza che non dobbiamo mai farci mancare

in foto la Torre di Nubia con le isole Egadi che le fanno da sfondo

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A ben vedere la felicità è una cosa semplice

(cit.)

foto di Lucia di uno scorcio del borgo di Marettimo, Egadi (Tp), Italia

Ricette d’Autore: lu “Canestredde”

Tempo di vacanze pasquali e di sapori e profumi d’antan.

La mia proposta culinaria di oggi è quella di un dolce appartenente alla tradizione pugliese, lu canestredde, fiore all’occhiello del fare sapiente delle donne garganiche. A me riporta in mente tanti ricordi legati alla mia infanzia, facendomi pensare agli acquisti golosi di mio padre fatti in un forno antico del suo paese di origine. Alle “Fracchie”, un rito religioso molto suggestivo che ha connotato tanti venerdì santi della mia vita. Ai miei zii e ai miei nonni paterni, legati per devozione a questa celebrazione dolente. All’odore di legna bruciata e alla fuliggine che immancabilmente impregnava gli abiti di noi spettatori al passaggio di queste gigantesche torce in processione per il corso principale di S. Marco in Lamis (FG).
La ricetta da me realizzata è stata presa anni fa in web. Chiedo venia se non sono riuscita a risalire al suo autore.
A voi tutti buona lettura, buone cucinette, come si dice in Abruzzo, e auguri di serenità e salute.

Lucia.

Lu Canestredde

Ingredienti:

  • 600 gr. di farina 00 (potrebbe servirne un po’ di più se l’impasto risulta troppo morbido)
  • 4 uova intere più un albume per la guarnizione finale
  • 250 gr di zucchero semolato
  • 50 gr di olio evo
  • 60 gr di latte intero
  • 1/2 cubetto di lievito di birra
  • la buccia grattugiata di un limone bio

Preparazione:

Amalgamare bene la farina con il lievito di birra sciolto nel latte appena tiepido, le uova (sbattute a parte) lo zucchero, il latte, l’olio e la buccia grattugiata del limone. Impastare benissimo, lavorandolo molto su una spianatoia, il composto ottenuto e lasciarlo lievitare per una notte intera. Dare, quindi, al dolce la forma di una ciambella o di una treccia (in questo caso si provvederà a dividere in tre parti il composto e a unirle). Lasciar riposare in teglia il dolce per un’altra mezz’ora e poi spennellarlo in superficie con l’albume preparato in precedenza. Cottura in forno statico preriscaldato a 180° per circa 40′ (ma potrebbe volerci tempo in più, il mio consiglio è di tentare con uno stuzzicadenti l’impasto per accertarsi che si sia cotto bene).
Lu Canestredde è un dolce molto semplice, ottimo per la prima colazione o farcito con della marmellata per una merenda veloce. Nei tempi che furono era parte essenziale del pranzo di Pasqua. Una gioia per gli occhi e per il palato allora come ora.

La citazione:

“Cum lenitate asperitas”
motto pubblicitario di G. D’Annunzio


Canestredde realizzato da Lucia, marzo 2021

Una vita a piccoli punti

Ci sono molti modi di fissare nel tempo pensieri e parole. Di recente, complice la situazione emergenziale in cui siamo oramai da più di un anno immersi, io ne ho scelto uno antico, da crocheteuse, in cui riesco a coniugare in maniera ideale tantissime cose. La mia voglia di creare, che non manca mai, e quella di poter toccare in concreto il frutto della mia costruttività. Il poter pensare e riflettere sulle cose della vita e del mondo in silenzio, tenendo tuttavia ben presente l’oggi. Chiedete cosa può succedere a chi è impegnato in un progetto di ricamo, cucito, di lavorazione ai ferri o all’uncinetto se indulge in divagazioni mentali troppo ampie: vi risponderà subito che il rischio che capiti un intoppo nel lavoro è altissimo. E che in quel caso minuti, ma anche giornate intere, potrebbero sparire in pochi secondi: quelli occorrenti a sfilare, (con una buona dose di rimpianto, vi assicuro) il lavoro certosino di ore e ore impiegate con esercizio infinito di pazienza.
Già, la pazienza. Una virtù di cui la vita non mi ha dotata a piene mani ma che ho appreso col passare degli anni a esercitare con buona dose di resilienza imparando a non dispiacermi del molto tempo impiegato se quest’ultimo è funzionale alla realizzazione ottimale di un progetto: di vita, di scrittura, di lavoro. Una pazienza da crocheteuse che si cimenta quotidianamente in un’opera fatta di piccoli punti messi in fila, uno dopo l’altro. Lavorati con la speranza segreta di riuscire a elaborare una riga sola, un disegno più complesso, un manufatto che abbia senso indossare a pelle ad altezza di cuore. Stringendo a sé un’infinità di nanosecondi tutti uguali che hanno fruttato alla perfezione: realizzare in maniera tangibile un qualcosa di irripetibile, intriso di manualità, tanta, ma di altrettante riflessioni. Il giusto connubio tra teoria e pratica.

Un anno e una vita fa

Esattamente un anno fa io e mia figlia Roberta eravamo in viaggio per Sevilla desiderose di goderci un weekend lungo ritagliato con fatica tra i vari impegni di entrambe, all’epoca medico AVIS addetto ai prelievi e io docente nella scuola pubblica statale della mia provincia.
Sevilla era nella wishlist di tutte e due: per lei era la vacanza dell’estate precedente sfumata per vare ragioni e per me un desiderio coltivato a lungo dai tempi in cui lavoravo come docente di lingua italiana a Madrid.
Partimmo con un po’ di pensosità. In aeroporto e sul volo su cui ci imbarcammo a Roma c’era già chi indossava guanti e mascherine chirurgiche sull’onda delle prime notizie relative alla diffusione dell’epidemia di covid19.
Furono giornate strane e un po’ surreali.
La città ci accolse con spensieratezza. Pareva quasi che fossimo su un’altra dimensione in cui non c’era posto per una qualsiasi avvisaglia della catastrofe sanitaria a cui tutto il mondo sarebbe andato incontro di lì a poco. Da sabato 22, però, fummo tempestate da bollettini sanitari provenienti dalla Lombardia e in apprensione per Emanuele, mio figlio, studente universitario a Milano.
In quell’istante esatto ogni cosa cambiò prospettiva costringendoci a guardare, sia pure a distanza, la realtà.
Di quella vacanza ricordo il profumo dei fiori di Zagara di cui il centro storico (alloggiavamo nel quartiere di Santa Cruz) era impregnato e che ci accoglieva dall’alba al tramonto. Le serate miti e dolcissime. Le giornate soleggiate e calde di una primavera inoltrata che in seguito non avremmo mai potuto vivere in pieno.
Mi piacerebbe tornare a Sevilla con il cuore più leggero quando tutto questo sarà terminato. Con una consapevolezza in più: di quello che non ho vissuto e del tanto che ancora mi attende.

Real Alcazar de Sevilla, 22th Feb 2020, Gardens – shot by Roberta Di Nicola