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Au Feminin Thinking and Writing and Not Only

Categoria: POVs Points of View

Chi legge scrive (e vive) bene

Arrivare a marzo 2023 per pubblicare qualcosa su questa pagina non significa affatto che io nel frattempo non abbia avuto niente da dire e da trasmettere a terzi attraverso le mie parole. Significa aspettare l’occasione giusta per farlo: in questo caso l’invito di Umberto Braccili, tra i fondatori dell’Associazione “Gigino Braccili”, intitolata a suo padre, uomo di lettere e gran bella persona come suo figlio, provando a  mettere nero su bianco pensieri sparsi di vita ma anche di scrittura.
Per il mio esordio sulla piattaforma dell’Associazione avevo parlato di slow life, della capacità di assaporare la vita a piccoli sorsi godendo di piccole cose, magari per qualcuno infinitesimali e di gusto trascurabile, che per altri, invece, rappresentano quel granello di sale (o di zucchero?) extra che fa la differenza nel traghettarci da una sponda all’altra o semplicemente nell’aiutarci a procedere col giusto ritmo. Un passo attento, consapevole ma calibrato a nostra misura. Che è, forse, la cosa migliore che ciascuno di noi possa augurare a sé stesso.
A rileggerci presto

Chi legge scrive ( e vive) bene 

Mi piace pensare che per un autore scrivere non rappresenti un dovere quanto piuttosto un piacere da centellinare pian piano e soprattutto da assaporare quando si ha realmente qualcosa da comunicare al prossimo.

Perché, allora, continuare a scrivere e pubblicare in un’epoca in cui si legge pochissimo e, per contro, si è accerchiati da una marea infinita di libri dati alle stampe a ritmo continuo? Ci sono giorni in cui me lo chiedo con insistenza anch’io. Da quel lontano 2007 in cui da blogger cominciai in una community virtuale a scrivere su una pagina dedicata i primi post su suggerimento di una persona di famiglia con un intento probabilmente forse più terapeutico rispetto al desiderio di mettermi alla prova come affabulatrice.

Non è che di prodromi in tal senso non ce ne fossero già stati, chiariamo. I miei ricordi d’infanzia sono connotati a macchia di leopardo con le immagini sbiadite dal tempo di Lucia che si diverte a scrivere mini fiabe sui tovagliolini monovelo delle pasticcerie (perché erano forse il foglio più a portata di mano accanto a un bignè alla crema che era la mia passione di allora). Ero piccolissima e talvolta avevo difficoltà a discriminare l’uso corretto delle doppie o la correttezza ortografica nelle parole con consonanti sonore e sorde ma avevo già voglia di narrare.

Storie fantastiche, possibilmente a lieto fine, in cui l’happy ending strizzava l’occhio a cavalieri e dame. O a una fanciulla salvata da un prode cowboy, scampata a un rapimento di una tribù di indiani pellerossa grazie a un felice baratto (una cassa di fucili per la vita della fragile donzella). Prove ingenue ma piene di entusiasmo e di poesia. Ricordo poi il periodo delle agende rilegate in similpelle o velluto, rubate dalla scrivania di mio padre e riempite di poesie vergate con forza a mano con stilografiche di colore blu, meno serioso dell’inchiostro nero, acquistate nell’emporio di fronte casa che le vendeva assieme ai cioccolatini sfusi e alle caramelleripiene al gusto di crema.

A seguire il periodo dei romanzi scritti in punta di adolescenza: quelli con una storia che si dipanava e poi cambiava direzione sull’onda delle sensazioni del momento: la descrizione del primo bacio o del primo tormento d’amore, sorrisi e pianti a dirotto che si alternavano con la sistematicità con cui ci barcameniamo tra una giornata di sereno e un acquazzone estivo.
Poi nella mia vita un periodo lunghissimo di latenza scrittoria. Unico elemento costante il perdurare della lettura di tantissimi libri di argomenti e autori quanto mai vari; qualcuno lo prendevo in prestito, di nascosto, dalla biblioteca paterna o del nonno materno ed era forse un po’ fuori tempo e aveva un gusto precoce per una ragazzina curiosa e avida di vita, quanto meno letteraria, come me.

C’è stato anche il periodo delle letture disimpegnate e sarebbe ipocrisia negarlo, ma lì c’era la vita col suo orologio biologico e la sete di leggerezza a farla da padrone e a ispirarmi. Poi, all’improvviso, il ritorno alla pagina bianca, cartacea o virtuale, e l’esigenza rinnovata di raccontarmi attraverso la narrazione di storie pescate dal mio immaginario ma anche da tanta vita realmente vissuta e trasformate in racconti e romanzi.

Qualche poesia in versi sciolti perché la metrica non è mai stata il mio forte ma l’urgenza di esprimere al mondo il mio sentire, quella sì, non si è mai attenuata. Continuando a leggere moltissimo, quasi ai ritmi della mia adolescenza con la consapevolezza adulta e cresciuta che il proprio mondo interiore (e di scrittura) hanno necessità di confrontarsi col mondo altrui e non semplicemente per scoprire dove stiamo andando ma perché una pagina scritta bene può essere la chiave di volta della propria e altrui conoscenza avendo il potere concreto di svelare a noi stessi anche ciò che con abilità più o meno consapevole a noi stessi celiamo. Facendolo riaffiorare pian piano, portandolo con forza alla nostra attenzione.

Affinandone gli angoli e trasformandolo in uno di quei ciottoli levigati che ci piace raccogliere in riva al mare e portare via attratti dalla lucentezza imprevista dovuta all’acqua salmastra che lo ha lambito: una componente semplice ma necessaria per valorizzare quella striatura iridescente di cui diversamente forse non ci saremmo mai accorti.

Lucia Guida

L’articolo originale è qui  

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Impressioni di un agosto salentino

Chi mi segue da tempo sa che a me piacciono gli scatti emotivi, quelli impregnati di umoralità e colore  caratterizzati da piccoli particolari all’apparenza insignificanti. È quello che ho cercato di trasmettere anche attraverso quest’ultimo reportage fotografico emotivo-sentimentale  in un breve interludio salentino, terra da cui mancavo da ben diciotto anni.
Lascio, quindi, commentare i miei pensieri alle immagini, limitandomi a fornire brevissime didascalie laddove reputo ce ne sia bisogno. Il resto tocca a voi: incontrarsi a metà strada serve a questo, a raccogliere ciottoli di mare sulla battigia privilegiando quelli che più ci hanno colpiti per portarli via con noi
A presto

Lucia

“Anche noi, come l’acqua che scorre, siamo viandanti in cerca di un mare”
Juan Baladán Gadea, citazione letta sulla litoranea verso Tricase di Castro Marina (Le)

Andare alla ricerca di acqua limpida (o di fresche, dolci acque, se preferite) è il tormentone che mi assale vivendo in una città di mare dalla movida ammiccante e variegata ma ahimè dalle spiagge “pettinate” per bene in cui poco è lasciato alla creativa rivisitazione del turista e troppo alla pianificazione di chi vuole che tu ti diverta di default. Il Salento in questo lascia la libertà di scegliere se affollare località vacanziere come Gallipoli o preferire cittadine dal flusso turistico un po’ più contenuto. In comune, tuttavia, c’è la qualità delle acque certamente di grado superiore sia di giorno che al calar del sole che ti invitano a fare un bagno rinfrescante accarezzata da lu ventu  che soffia a ogni ora sotto forma di brezza, tramontana, scirocco o ponente.

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Di pit stop, ripartenze e prosiegui

“Ogni volta, ogni maggese, che ritorna
 A dar vita a un seme
 Sarà vita nuova anche per me”

“Maggese”, C. Cremonini (2005).

 

È da tempo che non pubblico qualcosa in questa specie di canovaccio/diario di bordo che è la mia pagina WP di autrice aggiornandola davvero con assai poca sistematicità. E allora provvedo subito in tal senso.
Il 2022 si è annunciato nei primi mesi (e a conclusione di un 2021 dal punto di vista personale e familiare impegnativo) moderatamente complesso. Intanto sto cercando di capire cosa fare della mia vita scrittoria. Passione ce n’è, tempo anche, bisogna vedere che intenzioni ho nel prosieguo della mia “crescita”. Nel frattempo ho portato avanti oltre alle mie riflessioni nero su bianco social un po’ di promozione di “Come gigli di mare tra la sabbia” ma senza l’urgenza di arrivare a traguardi certi nel minor breve tempo possibile.

Il mio ultimo romanzo si è così classificato tra i finalisti del II Premio internazionale Samnium e ha avuto menzioni d’onore nel Premi Internazionali Cygnus Aureus e Navarro.

Un mio piccolo cameo in compagnia di tanti altri contributi autorevoli è presente nella AAVV Storie di cibo curata da Gino Primavera per i tipi di Tabula Fati e una mia minibio di autrice è stata inserita nell’opera collettiva Nei territori della parola, gli scrittori abruzzesi si raccontano di imminente pubblicazione per  Teaternum Edizioni.

Continua la mia collaborazione con la piattaforma Cyrano Factory di Teatro Cinema Musica Arte Libri Eventi Scritture per la rubrica estiva di “Letture sotto l’ombrellone” in cui leggo e recensisco libri scelti in maniera estremamente estemporanea ed emotiva.

Tempo fa è infine nata la pagina Meta “Vita da Crocheteuse” in cui cerco di parlare a tutto tondo di creatività poiché, almeno per ciò che mi riguarda dal mio punto di vista le Lucia autrice, Donna e Persona e Crocheteuse si equivalgono alla perfezione.

In cantiere c’è molto altro di cui per scaramanzia non dico nulla. Si procede per  piccoli passi ma questa nuova (per me, almeno) attitudine è un’occasione formidabile per potermi guardare intorno con calma godendo delle pause di meritato riposo e delle piccole cose di vita spicciola che fanno grande il mio presente attuale.

A presto

Lucia

 

Non innamorarti di una donna intensa, ludica,
lucida, ribelle, irriverente.
Che non ti capiti mai di innamorarti di una donna così.
Perché quando ti innamori di una donna del genere, che rimanga con te oppure no, che ti ami o no, da una donna così, non si torna indietro.
Mai.

(cit.)

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ph. credit: ritratto di Vivien Leigh courtesy of Sasha/Getty Images

Season’s Greetings with some Books under the Christmas Tree

Alla fine di questo 2021 di poche sorprese è tempo di fare qualche bilancio scrittorio e di lettura.
Organizzare e partecipare da addetta ai lavori a eventi proposti da terzi in emergenza pandemica non è stato semplice e ha richiesto scelte ben precise da parte mia. Quelle più semplici da compiere sono state di natura logistica ma le ricadute a livello socio-affettivo-relazionale sono state notevoli e inevitabili. Per ciascun autore una presentazione è il trat d’union che lo collega al suo pubblico, il feedback privilegiato da cui attingere stimoli sufficienti per continuare ad affabulare su un piano di condivisione emotiva e non semplicemente scrittoria. Il covid19 con le sue tante implicazioni ci ha privati di questa corsia preferenziale limitandola all’essenziale. 
Sono convinta che la vita di un tempo non esista più e che questa strada in cui giocoforza abbiamo dovuto incanalarci sia l’unica percorribile senza rimpianti di nessun genere: abbiamo solo la possibilità di guardare in avanti e progettare il nostro futuro con speranza e resilienza.
La lettura credo aiuti moltissimo in tal senso. Un buon libro è un amico formidabile con cui passare il nostro tempo migliore e a cui chiedere risposte alle nostre tante domande. Non ci tradisce né ci rimprovera mai; neanche quando, in ottemperanza al decalogo del lettore di Pennac, decidiamo di metterlo da parte. Affina la nostra capacità di percepire il mondo circostante e ci mantiene giovani “dentro”. Possiamo portarlo dovunque con noi, leggerlo e rileggerlo all’infinito scoprendo ogni volta sfumatore diverse per arricchirci.
Il mio saluto grato per tutti coloro che hanno la pazienza di seguirmi per il tramite di questa mia pagina  così poco sistematica e forse troppo empatica è l’elenco completo degli otto libri che, a partire dai primi mesi dell’anno, ho scelto di recensire per amore e solo amore della lettura: senza costrizioni di nessun tipo, da recensora freelance di Cyrano Factory. Di qualcuna avete già contezza perché l’ho pubblicata qui su WP, qualcun’altra, invece, è ancora tutta da leggere e da scoprire.
Sono il mio personale tesoretto da consigliare, un’interfaccia felice di Lucia autrice e lettrice realizzata sul filo della sua sensibilità.
Auguri di buonissime feste a tutti. Che possiate davvero stringere sempre il mondo nel palmo di una mano sola.

Lucia  

Le mie recensioni librarie su Cyrano Factory del 2021

Il treno dei bambini, Viola Ardone 

La signorina Crovato, Luciana Boccardi 

Lettere d’amore da Montmartre, Nicolas Barreau

Finché il caffè è caldo, Toshikazu Kawaguchi

Storia di un fiore, Claudia Casanova

Le siciliane. Storie vere, Giacomo Pilati

Oliva Denaro, Viola Ardone

Punto pieno, Simonetta Agnello Hornby

 

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Vita da autrice

Ogni tanto è bene fare il punto della situazione anche nella scrittura. Fondamentale è essere sinceri con sé stessi. Fino all’ultimo briciolo di obiettività.


Non sono un’autrice che respira, si nutre e si rigenera solo ed esclusivamente in odor di linee vergate con quotidiana sistematicità. Non ho una stanza tutta per me e per le mie storie. Sono una donna e un’insegnante prestata al mondo della scrittura. Da bambina mi piaceva, come a mille altre bambine, scrivere poesiole che dilettavano i miei genitori. Sono stata un’adolescente solitaria che preferiva chiudersi in camera a leggere un libro o a scribacchiare su vecchie agende romanzi in punta di cuore. Attraverso gli anni ho mantenuto il primato di “Lucia che scrive bene, chiediamole di elaborare qualche riga per questo biglietto augurale”. A più di metà del cammin di mia vita mi sono scoperta blogger grazie all’intuizione di mio fratello Angelo e poi ho ripiegato sui social per seguire con discrezione i miei figli e le loro mille acrobazie di crescita. Scrivo solo se ne ho voglia e se sento di poter comunicare qualcosa agli altri; non sono compulsivamente spinta a farlo. Le mie pagine, ora, crescono con la stessa lentezza consapevole che metto nell’elaborazione dei capi all’uncinetto con cui concludo le mie giornate o degli ingredienti insoliti con cui personalizzo una ricetta di cucina: perché mi rilassa farlo e mi garba, mi dà il senso concreto della mia manualità e creatività. Rinforza il mio senso di autostima di Persona. Mi fa sentire viva; senza costrizioni dall’alto e libera di seguire, se e quando lo desidero, quelle che sono le mie naturali inclinazioni, la mia essenza più profonda.

Lucia Guida, ottobre 2021

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Il sale caduto non si raccoglie mai del tutto (proverbio spagnolo) – scatti emotivi di una vacanza nella Sicilia occidentale

Quando ad aprile ho progettato questa vacanza con una figlia di continuo super impegnata ma altrettanto disponibile a trascorrere qualche giorno di vacanza con me, non avrei mai pensato a un epilogo così suggestivo. In palio c’era una settimana a Favignana (bellissima ma ad agosto, com’era prevedibile, troppo affollata per i miei gusti) e una giornata di stop a Trapani in attesa di riprendere l’aereo per casa.
Le saline di Nubia hanno rappresentato il giusto compromesso per riconciliarmi con luoghi e paesaggi che avrebbero, forse, meritato di essere visitati in un periodo più incline alla riflessione silenziosa e a temperature più dolci e miti.
Non rinnego nulla della mia vacanza ma aggiungo le Egadi alla mia wishlist vacanziera “di ritorno”: con una promessa ben precisa, soggiornare a Marettimo per godermi il sussurro del mare nella maniera più incontaminata e autentica possibile

salina con mulino

Tutto ha avuto inizio in questo edificio ora adibito a museo e un tempo operoso di vita reale e di lavoro incessante dal sapore amaro di sale

in foto, Museo/Mulino del Sale di Nubia (Tp)

coppi sul sale

Una tegola può proteggere dal sole, dalla pioggia, dalla calura. Nella vita di ciascuno di noi non dovrebbe mai mancare un posto speciale in cui rifugiarci

in foto, veduta delle saline di Nubia dal terrazzo dell’edificio museale

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Non c’è vento che tenga se non sai dove andare e cosa raggiungere

in foto l’antico mulinu a stidda, il mulino a stella, in legno, pietra e zinco

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Nihil esse utilius sale et sole

(cit.)

In foto, mucchi di sale nella parte finale del percorso di visita di parte della Riserva Naturale Orientata Saline di Trapani e Paceco

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Saper guardare oltre è un artificio di vita e resilienza che non dobbiamo mai farci mancare

in foto la Torre di Nubia con le isole Egadi che le fanno da sfondo

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A ben vedere la felicità è una cosa semplice

(cit.)

foto di Lucia di uno scorcio del borgo di Marettimo, Egadi (Tp), Italia

“Tre Storie”: Gianrico Carofiglio

Cari amici,

tre proposte di lettura e/o rilettura dedicate a Gianrico Carofiglio da me pubblicate sulla mia pagina di recensioni  “Tre Storie” sul sito di  Cinema, Teatro, Libri, Arte, Musica e Viaggi culturali Cyrano Factory .
Per il mio viaggio attraverso la scrittura di quest’autore ho scelto tre romanzi, “Ad occhi chiusi”, Sellerio, 2003, “Né qui né altrove, Una notte a Bari”, Laterza (2008) e “Il silenzio dell’onda”, Rizzoli (2012).
Perché un libro salva sempre. Ed è un salvataggio che dura in eterno.
A rileggerci presto

Lucia

 

 

Bern in my pocket

In piena pandemia ogni viaggio si affronta con qualche patema in più. Ma era l’occasione di rivedere mia figlia, al momento di stanza in Svizzera dal punto di vista professionale. È diventata un’occasione rubata alle circostanze per conoscere una città, Berna, capitale di stato, dal fascino soffuso ma non di meno incantevole.
Ve la racconto grazie a qualche scatto emozionale.
Buona visione e buona lettura.

 

 

 
 
Non c’è niente di più veritiero dell’attimo colto all’istante per descrivere il centro della città in una giornata nuvole e pioggia. È lì che tutto si mostra nella sua reale essenza. E questa città, patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO,  non fa eccezione.

 

 

Alla base dei 6 chilometri di porticati che correndo tagliano il cuore di questa antica città fondata nel 1191, non è raro intravedere vecchie  cantine trasformate in localini di tendenza, negozi, enoteche e pubblici esercizi caratteristici di varia tipologia da visitare per scoprire cosa nascondano al loro interno
Il Rosengarten, Giardino delle Rose, è un bellissimo parco nella zona alta di Berna con una splendida vista sulla città. Un luogo incantevole per un appuntamento romantico, per mangiare un panino da soli o in compagnia seduti sul muretto che ne delimita la parte prospiciente il centro abitato avendo a portata di mano una vista mozzafiato. Consigliatissimo a tutti e in special modo ai romantici persi come me.

 

Tornare verso il centro percorrendo l’imponente ponte di metallo che congiunge due rive del fiume Aar è la possibilità aggiunta di scattare foto suggestive.
 
 

 

Un altro giro veloce sotto la pioggia e poi il regalo di una pausa confortevole in una caffetteria assaggiando alcune tipicità dolci.

 

Il tempo di una buonissima tisana calda accompagnata da un’ottima torta al cioccolato e fuori il tempo è già cambiato: c’è un po’ di sole e il cielo si è rimesso al bello. Una possibilità fantastica in più per salutare questa città raffinata col sorriso sulle labbra.
Good bye, Bern. A pleasure to visit you!  
 

 

 

 

Tre Storie: “Due occhi azzurri” di Thomas Hardy

Terzo e ultimo appuntamento della triade hardiana da me prescelta per la recensione d’Autore con il romanzo “Sotto gli alberi”, letto nella edizione Fazi del 2017 con traduzione a cura di Maria Felicita Melchiorri.
Buona lettura

 

DUE OCCHI AZZURRI

Elfride Swancourt, ragazza le cui emozioni risiedevano vicinissime alla superficie, è giovane e bella, innamorata dell’amore e ansiosa di vivere una storia affettiva con un uomo che la aiuti a svincolarsi dall’entourage della parrocchia situata nei sobborghi spazzati del Wessex inferiore, diretta da suo padre,  poco propenso a dedicarsi con devozione all’ingrato compito di crescere una figlia in età da marito. L’occasione arriva provvida grazie alla necessità di ristrutturare la torre e la navata laterale della chiesa di Endelstow   da lui retta affidata da Lord Luxellian, notabile del luogo, a un giovane architetto, Stephen Smith, in rappresentanza di un famoso studio londinese interpellato a tale scopo. Su di lui si concentrano le fantasie romantiche di Elfride, rafforzate dall’idea paterna che il giovane appartenga a un casato nobiliare locale. Il sogno d’amore sfuma nel momento in cui, a fronte di ricerche maggiormente approfondite, Mr. Swancourt scopre che Stephen è in realtà di umili natali. Trasferitosi in giovane età a Londra è grazie alla generosità e all’appoggio di alcune personalità, tra cui il gentiluomo Henry Knight, che ha potuto studiare e procacciarsi un rispettabile impiego. La ragazza continua tuttavia a frequentarlo promettendosi a lui grazie ad alcune rocambolesche vicissitudini che costellano la sua contrastata storia d’amore.  L’idillio è destinato, tuttavia, a naufragare con la comparsa all’orizzonte di Knight, scapolo impenitente fino alla misoginia ma suo malgrado attratto dall’avvenenza e dall’ingenuità della ragazza di cui si crea un’immagine ideale del tutto personale collimante con gli stereotipi femminili posseduti:  per sua stessa ammissione, infatti, non sarebbe in grado di legarsi a nessuna donna con trascorsi amorosi importanti. Durante l’assenza di Stephen, trasferitosi nel frattempo in India alla ricerca di fortuna maggiore per riproporsi al padre dell’amata e guadagnarne finalmente il favore, Elfride decide all’improvviso di concedere le proprie attenzioni a Knight con la complicità di Mrs. Swancourt, nuova moglie del parroco, con cui Henry è alla lontana imparentato. Ma né Stephen, messo da parte dalla volubilità di Elfride, ora attratta dalla forte personalità del mentore del suo antico fidanzato, né lo stesso Knight, prigioniero della propria ristrettezza mentale in stridente contrasto con la cultura posseduta, riusciranno ad avere la bella ragazza dagli occhi azzurri che, messe da parte le iniziali idee romantiche, accetterà di convolare a nozze con Lord Luxellian, divenuto nel frattempo vedovo, l’unico ad averle saputo offrire quella protezione  e quell’amore da lei lungamente ricercati in una figura maschile.

Il romanzo, pubblicato nel 1873, si articola in 40 capitoli titolati com’è spesso usanza dell’autore, di una prefazione di quest’ultimo e di sue notazioni sui nomi dei luoghi da lui conferiti ai reali toponimi. 
Il personaggio di Elfride è tracciato con la consueta ricchezza di particolari e si conquista presto il favore del lettore intenerendolo con le sue gesta impulsive. La ragazza è tutta impeto ed assalto, profondamente intrisa dello spirito romantico del suo tempo e cresciuta nella mitizzazione di amori tormentati e avvincenti, vissuti a sprezzo anche della propria vita e  a dispetto delle convenzioni. Con la presunzione ingenua di poter essere trattata paritariamente dagli uomini che vorrebbe accanto che, però, mal si concilia con la pruderie vittoriana dell’epoca. Quest’ultima caratteristica fa di Elfride una Tess dei d’Urberville  eroina successiva hardiana in nuce, conferendole una parvenza di quell’intraprendenza e quella magnifica voglia di vivere e di adeguarsi appieno ai cicli naturali stagionali stravolgendo completamente la morale tardo-vittoriana contemporanea. La tirannia amorosa esercitata da Elfride su Stephen trova karmicamente una compensazione nell’esagerata accondiscendenza verso Henry macchiandosi di non detti fatali verso il nuovo fidanzato da cui lei vorrebbe essere accettata incondizionatamente mantenendo un barlume di autonomia personale. Ma i tempi non sono maturi per un atteggiamento tout court da suffragetta. Sarà la sua sincerità finale, tirata in ballo per stemperare l’errore di avergli taciuto sin all’inizio particolari trascurabili ma comunque importanti dei suoi pregressi affettivo-relazionali, a determinare la brusca fine della loro relazione: Henry ha infatti dell’amore un concetto assai tradizionale e molto poco elastico in cui non è contemplata la possibilità anche minima di errore della controparte femminile. Vorrebbe realmente che la sua donna ideale fosse un libro intonso ancora tutto da sfogliare racchiuso in un involucro esteriore seducente ed esteticamente accattivante. Quello di Elfride, certamente, ma sfrondato del temperamento passionale di quest’ultima considerato poco opportuno e addirittura moralmente riprovevole. Il Fato non concederà a nessuno dei due antichi pretendenti benevole chance verso la ragazza: quando entrambi, sia pure per motivi diversi, cercheranno di riabilitarsi agli occhi di Elfride troveranno ad attenderli da parte di quest’ultima una sorpresa amara ma assolutamente coerente dal punto di vista narrativo.

C’è chi ha ravvisato particolari autobiografici in questo romanzo collegandoli alla moglie di Hardy, Emma Gifford, soprattutto nelle pagine del romanzo dedicate alla ristrutturazione di parte di Endelstow  Parrish e al rapporto costellato da alti e bassi che legò lo scrittore alla sua prima moglie. A ogni modo le vicende umane di questi personaggi rappresentano un fantastico espediente per dare voce ai paesaggi e all’ambientazione nel maestoso Wessex, protagonista indiscusso anche stavolta e voce potente capace di trasformare in flebile lamento le sia pur giuste e coerenti rivendicazioni degli esseri umani a cui ha concesso asilo temporaneo presso di sé.

Collana:
Le strade
Numero Collana:
323
Pagine:
428
Codice isbn:
9788893252249
Prezzo in libreria:
€ 18
Codice isbn Epub:
9788876251771
Prezzo E-Book:
€ 9.99
Data Pubblicazione:
13-07-2017
 
 
 
ph.credit: fazieditoredotit

Tre Storie: “Sotto gli alberi” di Thomas Hardy

Secondo appuntamento per la recensione d’Autore con il romanzo hardiano “Sotto gli alberi”, letto nella edizione Fazi del 2018 con traduzione a cura di Marco Pettenello.
Buona lettura

 

SOTTO GLI ALBERI

“Sotto gli alberi”, scritto nel 1872, è un romanzo di transizione tra il fortunato “Estremi rimedi” e “Due occhi azzurri”, pubblicato l’anno successivo.

Ha al suo attivo una trama accattivante, briosa e sottilmente ironica, tutta giocata sui tentennamenti amorosi di Fancy Day, maestra di campagna da poco parte della comunità rurale di Mellstock riguardo al fatto se sia più opportuno scegliersi un marito basandosi meramente sul senso della convenienza che ne potrebbe derivare o, invece, privilegiare il sentimento e orientarsi verso una persona che ci attragga realmente. È palese da parte della ragazza, molto attenta a fare esercizio di bon ton anche nella scelta dell’abito più  appropriato da sfoggiare nelle varie circostanze in cui si percepisce protagonista, considerare l’istituzione matrimoniale come mezzo di ascesa sociale; ed è in base a questo parametro che, pur avendo già scelto col cuore Dick Dewy, appartenente a una generazione di carrettieri e abile violinista, si lasci tentare dalla maggior ampiezza di sostanze di Mr. Maybold, il nuovo vicario della parrocchia, elegante nei modi e nell’aspetto, ma anche da Mr. Shiner, proprietario terriero locale desideroso anch’esso di prender moglie e affascinato dall’intraprendenza e dal senso di protagonismo della ragazza. La coralità dell’opera è rappresentata di nome e di fatto dal gruppo dei musicisti di Mellock a cui è affidato il compito di discettare di piccole e grandi cose esistenziali in maniera assolutamente naturale e fatalistica in cui poco è lo spazio attribuito a filosofeggiamenti che non risentano della naturalità della Vita stessa. Il gruppo di cantori di cui fa parte Dick stesso e buona parte della sua famiglia è tutto teso alla riaffermazione del proprio principio di sopravvivenza a fronte dell’esigenza di smantellarlo da parte di terzi (non si sa bene se incarnata dal personale desiderio di Mr. Maybold di liberarsene per svecchiare la cerchia dei collaboratori della parrocchia che gli è stata affidata oppure, molto più concretamente, segno di rispetto verso Mr. Shiner che è tra i suoi maggiori benefattori e che da sempre è acerrimo nemico dei musici/parrocchiani).
Il libro si articola in quattro sezioni  di tipo naturalistico e stagionale, culminando in un‘ultima parte, la quinta, costituita da due capitoli in cui Hardy, da buon narratore onnisciente, si diverte a tirare le fila della storia imbastita cercando di posizionare nel modo più coerente tutti i tasselli lasciati in sospeso nel corso della narrazione.
Anche in questo romanzo vi è un’ampia componente di tipo descrittivo in cui la magistralità dello scrittore si mostra in tutto il suo splendore anche grazie alla fruibilità che è maggiore rispetto ad altre opere forse più profonde e significative ma meno scorrevoli di questo riuscito divertissement.

La perla finale è rappresentata dalla teoria amorosa hardiana, disincantata ed emblematica e, per certi versi assai attuale, espressa per bocca del sentimentale Dick e dell’accorta Fancy in un duetto memorabile alla fine della loro festa di nozze:

«Fancy», disse «se siamo tanto felici è perché tra di noi c’è una confidenza assoluta. Da quando mi hai confessato della tua piccola avventura con Shiner vicino al fiume – che in realtà non fu affatto un avventura- ho sempre pensato quanto candida e buona devi essere per raccontarmi una cosa tanto insignificante, e per esserne spaventata com’eri tu. Da allora ho deciso di raccontarti ogni mia azione e parola. Non avremo mai segreti l’uno per l’altra, non è vero? assolutamente nessun segreto».

«Nessuno a partire da oggi», disse Fancy. «Ascolta che cos’è?».

Da un vicino roveto all’improvviso una voce forte, musicale liquida pronunciò queste parole: «Tippiuit! Suicchichicchichì! Vieni qua, vieni qua, vieni qua!»

«Oh, è l’usignolo» mormorò lei, e pensò un segreto che non avrebbe mai rivelato.

Autore:

Thomas Hardy

Titolo:

Sotto gli alberi

Collana:

Le strade

Numero Collana:

352

Pagine:

238

Codice isbn:

9788893253772

Prezzo in libreria:

€ 17

Codice isbn Epub:

9788864116617

Prezzo E-Book:

€ 9.99

Data Pubblicazione:

17-05-2018

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ph.credit: fazi Editore
L’articolo originale pubblicato su Cyrano Factor è qui