Concorsi letterari: quando essere premiati paga

Girovagando nel web qualche giorno fa mi è capitato di imbattermi in un sondaggio; ai visitatori di un sito di scrittura e lettura veniva chiesto di indicare quanta importanza rivestissero i concorsi letterari nella scrittura. Se, cioè, servissero e in che misura a promuovere gli autori che vi partecipavano.

Ho cominciato a inviare i miei racconti brevi ( brevissimi per qualcuno, ma il mio stile è questo: periodare lunghetto compensato da racconti mini, prendere o lasciare! ) nell’autunno del 2008. Da poco avevo scoperto un sito che mi era apparso formidabile, quello di CLUB.IT: di facile consultazione, gratuito, esaustivo. E con certosina pazienza avevo iniziato a spuntare bandi dopo bandi alla ricerca dell’occasione. Mi ero incamminata per questa strada a caccia di conferme esterne che andassero oltre gli apprezzamenti amichevoli  per i  miei post dei blogger di libero,la piattaforma in cui con buona volontà e voglia di confrontarmi avevo aperto una sorta di pensatoio pubblico. La conferma arrivò con una certa celerità, al secondo tentativo: con la fortuna del principiante ero giunta in finale al  XII Concorso Letterario organizzato dalla Biblioteca Poggio dei Pini di Capoterra (CA). Col senno di poi credo che se ciò non fosse avvenuto avrei con molta probabilità continuato a scribacchiare di vita quotidiana al femminile sul mio Springfreesia.

Non credo di esagerare affermando che quella selezione cambiò il corso dei miei eventi scrittori: fui incentivata a continuare in tal senso e a partecipare ad altri eventi letterari con maggiore e minore fortuna. La cosa bella ed entusiasmante per un’aspirante affabulatrice come me è proprio nel sentire riconosciuta questa tua capacità, vera o presunta. Quella, cioè, di riuscire a trasmettere a  chi legge qualcosa di tuo, che sia impalpabile come sensazioni e stati d’animo o al contrario di sostanza come la descrizione di cose, eventi e persone

Di premi e bandi letterari il Bel Paese è stracolmo. Ce ne sono di accettabili e seri ma anche di leggeri e poco credibili. Tra questi ultimi svariate le manifestazione a premi  caratterizzate dalla velata promessa di ottenere una pubblicazione in grande stile gratuita: a spese zero per l’autore, interamente a carico della casa editrice che si è, per l’occasione, fatta promotrice dell’evento letterario in questione.

Peccato tuttavia che assai spesso alla tua non ammissione in finale segua un’interessante proposta editoriale: certamente a pagamento, certamente onerosa per chi la riceve, trasudante però gloria in fieri. Può capitare che l’autore in questione si senta lusingato da simili profferte e accetti. Intasando il ripostiglio o un paio di scaffali del proprio garage con scatoloni di cartone ricolmi della propria opera solertemente pubblicata, onerosamente pagata e ahimè invenduta, dopo aver provveduto a piazzarne presso amici, parenti e conoscenti qualche copia sporadica.

Difficilissimo orientarsi in questa moderna babele letteraria. Con un po’ di esperienza sul campo personalmente ho imparato a diffidare di quei premi letterari che prevedano onerosi contributi lasciati passare come  tasse di lettura o spese di segreteria (sic!). Ai concorsi proposti dalle case editrici con modalità simili a quelle su esposte in precedenza preferisco, magari, partecipare a un concorso organizzato da una piccola biblioteca di provincia: la locandina sarà forse meno altisonante, ma lo scopo che lo sottende sarà sicuramente più apprezzabile e stimolante se  alla base di quest’iniziativa culturale c’è la diffusione e il consolidamento del gusto per la lettura tra giovani e meno giovani.

I concorsi letterari sono, infine, un piccolo e fedele microcosmo di vita vissuta italiana, pregi e difetti. E può capitare anche di assistere alla premiazione di lavori improbabilissimi infilati dai giurati tra i selezionati all’ultimo momento per simpatia .

Morale della favola: moderazione, come sempre. E ragionevolezza nelle scelte. L’apparenza, si sa, può ingannare con facilità. La consolazione è che comunque tutto ciò che sembra è destinato  per legge di vita a dissolversi al primo soffio di vento a favore della concretezza, che poi fa l’essenza di quelle cose che nella vita  contano di più.

“pratoline” di Julia Hoersch

Maternità – Motherhood

Si nasce o si diventa madri? E ancora: quando si diventa madri: nell’atto del concepimento o forse ancora prima, nell’istante in cui si comincia a pensare progettualmente al bambino che arriverà? Senza buonismi di sorta sono davvero convinta che la maternità sia un dono immenso per una donna; diventarlo consapevolmente credo sia una preziosità unica.

Un pensiero a tutte le donne e mamme qui di passaggio attraverso i pensieri di Lucia, protagonista del mio racconto breve “Una nuova stagione di vita” in un estratto tratto dalla mia silloge Succo di melagrana.

 
(…)

Strinse lievemente il bordo della copertina di lana lavorata a mano che la avvolgeva, avvertendo un involontario brivido che non era soltanto di freddo. Pensare di essere incinta di un uomo che aveva conosciuto nello spazio di pochissimo tempo le dava le vertigini. Eppure era successo, eppure era realtà. E lo sarebbe stato ancora maggiormente col passare del tempo, quando la rotondità del suo ventre avesse deciso di evidenziarsi in tutta la sua esuberanza e piena affermazione della vita che conteneva piuttosto che celarsi con discrezione come adesso sotto l’abito nero da vedova. Passata l’estate, terminato l’autunno, avrebbero in dicembre avuto, lei e i suoi figli, il loro personale Bambinello in carne e ossa, ninnato nella culletta di legno dalla fattura essenziale che suo marito aveva intagliato prima della nascita di Annuccia e che, dopo un paio di anni, era stato nido confortevole anche per Beppe. Ce l’avrebbe fatta. Non era forse vero che quattro bocche si sfamano con la stessa facilità di tre? E che l’arrivo di un figlio, seppure non desiderato, è sempre da preferirsi a una montagna di guai? Almeno era quello che la saggezza popolare suggeriva con pietosa consolazione a tutte quelle donne che, condividendo la sua stessa sorte, si trovavano di fronte a un evento inatteso di tale portata. Ma cosa aggiungere a beneficio di quelle che, in mala tempora come lei, avevano da fare i conti col fatto di non essere legittimate in quest’attesa dall’avere un compagno che le affiancasse, magari partito per la guerra o all’estero come tanti uomini di quel paesello in cerca di fortuna ma pur sempre in odore di rimpatrio, con cui condividere anche socialmente una responsabilità così gravosa? Avrebbe potuto continuare a recarsi nel suo campicello nelle giornate festive o, da brava sarta, cucire ancora per le donne del luogo? E chi l’avrebbe aiutata a tirar su quel pupetto, le volte che lei non avesse avuto possibilità di occuparsene personalmente? Per quanto per natura fosse avvezza ad affrontare uno per volta i problemi che si prospettavano, stavolta quest’antico atteggiamento mentale, in precedenza assai risolutivo, fatto di intuizione femminile e di una buona dose di buonsenso, oltre a una notevole capacità di ottimizzare qualsiasi difficoltà le si parasse davanti, facendola fruttare anche solo in briciole di positività, le sembrava non funzionare a dovere.

Era a un bivio.

A dire il vero l’aveva addirittura superato. Perché con estrema incoscienza o speranza o qualcos’altro che non sapeva ancora ben definire, forse prematuro istinto materno verso quella creatura ancora troppo piccola per segnalare con un battito d’ali o un guizzo la propria infinitesimale presenza, e tuttavia già radicata con forza nella sua vita, aveva deciso di non chiamare la levatrice per farsi aiutare a sbarazzarsene. Di continuare a farla crescere dentro di sé. Di partorirla e di cercare un nome per lui o lei, vestendo quel neonato con coprifasce e vestitini cuciti a mano che erano stati quelli dei suoi ragazzi da piccolissimi e che sarebbero appartenuti anche a quel nuovo fratellino o sorellina figlio di un semisconosciuto soldato americano.

 

Guida Lucia ( 2012), “ Una nuova stagione di vita “ in Succo di melagrana, Piazza Armerina, Nulla Die

“Sweet Lullaby” by Sascalia 

Inspiration Point. Quando l’ispirazione prende il volo Riflessioni personali e semiserie su frammenti di genesi scrittoria

Le belle idee cui dare  forma narrativa ti arrivano quando meno te l’aspetti e se non le afferri prontamente ti abbandonano con altrettanta velocità. Come dire passato il treno, sprecata un’occasione. Per un’aspirante scrittrice part-time come me a volte è difficile anche mettere nero su bianco pensieri e spunti sul moleskine. Una volta mi è capitato di pensare a come sciogliere un nodo narrativo che mi impediva di progredire nella stesura di un racconto mentre guidavo in autostrada con i miei figli alla volta di Roma, in visita a persone care. Impossibile fermarmi su un cavalcavia a strapiombo su un viadotto lunghissimo senza piazzole di sosta. Provare, una volta giunta alla meta, a riprendere le fila del discorso non è stato semplice.  Altro sarebbe stato se avessi avuto a portata di mano il mio pc nel confortevole bozzolo di un luogo familiare e protetto. A parlare semplicisticamente rinunciare a uno spunto ispirativo è un po’ come fare la spesa cercando di tenere a mente quello che devi comprare: non sempre il risultato finale è quello che ti aspettavi. Una volta terminato di stilare la lista della spesa se pure dovesse capitarti di lasciarla  a casa da qualche parte ( come a me immancabilmente accade! ) la tua mente ha comunque messo in moto dei meccanismi cerebrali tali da permetterti, una volta nel supermercato, di ricordarne senza sforzo almeno l’80%. Ben altra cosa se, invece, hai pensato di affidarti completamente alle tue capacità mnemoniche: finirai inesorabilmente per acquistare, se ti va bene, un terzo di ciò che ti occorre, dirottando le tue energie su un’infinità di cose di cui potresti tranquillamente fare a meno.

” Se vuole scrivere romanzi una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé. “ E’ uno degli aforismi pluricitati di Virginia Woolf e mi sento di condividerlo in toto. Perché a mio avviso rispecchia allora come oggi quella che è la situazione di molte di noi. Per me scrivere richiede serenità mentale, una dose generosa di tempo a disposizione, la libertà di gestire quest’attività lontana da affanni contingenti come la preparazione del pranzo, l’accompagno di un figlio in palestra o la relazione commissionata dal capo che hai portato con te a casa per terminarla e consegnarla a lui in tempo. Ma quanti scrittori, aspiranti o veterani del campo, possono vantare di possedere una tale ampiezza di manovra? Pochissimi, certamente i più affermati; quelli che hanno avuto la possibilità di trasformare un passatempo rubato alle incombenze routinarie in un mestiere legittimato e consacrato dal favore dei lettori.

La mia unica consolazione, autentica e realmente sentita, alla comparsa di contrattempi simili a quello su citato, è che uno scrittore-lavoratore possieda, forse, maggiori chance di mantenersi con i piedi per terra. Può tastare con maggiore obiettività il polso della situazione e provare ad affabulare il suo pubblico con maggior verosimiglianza.

A patto, naturalmente, di concepire la scrittura come ciò che io chiamo “riflesso” della realtà più compiuta. Una dimensione in certo qual senso attendibile, arricchita tuttavia dal tuo miglior estro creativo. Una sfumatura di colore sui generis su una stoffa di sostanza, tessuta con un filo apparentemente  sottilissimo ma in realtà di ottima tenuta.

carte, registrati, oggetto, foglio di carta

A proposito di pubblicità

Il booktrailer è uno strumento di ultima generazione per pubblicizzare opere letterarie di genere diverso. In un formato accattivante e maggiormente fruibile qual è quello di un video fatto di immagini e non di sole parole ( come è diversamente in una recensione o nel testo riportato dalla quarta di copertina ) il potenziale lettore può brevi manu farsi un’idea certamente vicina alla realtà del libro propostogli accettando di proseguire nell’esplorazione scaricandolo come ebook oppure recandosi in libreria ad acquistarlo.
In questo post vi presento il booktrailer homemade della mia silloge di racconti “Succo di melagrana” realizzato da mia figlia Roberta su mie indicazioni sperando di incontrare il vostro favore tanto da spingervi a leggerlo in versione integrale

 

Dietro le quinte – On the Backstage

Scrivere e pubblicare un libro non è un atto automatico. Richiede tempo, lavoro, coinvolgimento affettivo-emotivo, impegno tecnico, un pizzico di intraprendenza. E’ un lavoro a tempo pieno che io ho gestito come fosse corollario di un grande teorema: la mia vita di genitore single, il mio lavoro, le mie amicizie, la mia quotidianità più spicciola. Collocare  in questo algoritmo ben architettato preesistente il tempo necessario per condurre quest’impresa in modo decoroso non è stato semplice. Più di una volta mi sono chiesta con consapevolezza e forse un po’ di stanchezza se fosse ancora il caso di continuare per questa strada. Decidendo poi di andare comunque avanti con dignità, entusiasmo rinnovato e molto olio di gomito, cercando di non deludere chi aveva creduto in me regalandomi con generosità stima e apprezzamento.Qui di seguito qualche momento di questo percorso in progress. Ancora tutto da costruire, ancora tutto da equilibrare

 

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Il pc per un autore è punto di arrivo e punto di partenza. Il mio è affettuosamente obsoleto ma non riesco a staccarmene; come non riesco a fare a meno del paio di occhiali parcheggiati sulla tastiera: un regalo dei miei figli per il mio compleanno, segno del tempo che trascorre incessantemente.  E che mi ha resa, oggi, nella scrittura allodola e non più  pipistrello

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Un paio di foto commissionate a professionisti sono il tormentone delle prime volte di ogni autore. Com’era prevedibile mi ci sono imbattuta anch’io scegliendo alla fine di pubblicare foto “vivibili”: più sentite, meno preconfezionate

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Prove tecniche di trasmissione per l’acquisto su uno store on-line di libri del mio “Succo”. La foto, gentilmente scattata da mio fratello, ne attesta la buona riuscita!

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Pensare a qualcosa di piccolo ma di importante per il pubblico che è in sala ad assistere a una tua Presentazione: una pergamena con una poesia al femminile, in cui il concetto di Donna non è mero optional

 

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I fuoriprogramma. L’affetto di amici e colleghi   per i quali la presentazione del tuo libro non è un momento come un altro

 

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Una lettera che è un attestato di stima ma anche una piccola recensione

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I sentieri più battuti, si sa, sono fatti di piccoli ma significativi passi.