Leggere tanto non è mai peccato

L’estate per me è la stagione ideale in cui dedicarmi con grande l’impegno  alla lettura per passione e per diletto di quanti più libri possibili. Da recensora  freelance in questi mesi mi sono tuffata anima e corpo nei seguenti libri qui di seguito indicati a mezzo link per l’ormai consueta rubrica di Cyrano Factory  “Letture sotto l’ombrellone”: un titolo solo all’apparenza banale, perché è universalmente riconosciuto che il modo migliore per riflettere e crescere “dentro” avviene nelle situazioni meno strutturate
Ci rileggiamo presto, promesso 

Lucia 

 

Ho aperto le danze con “Su un letto di fiori” di Banana Yoshimoto, pubblicato nel 2021 da Feltrinelli, una storia delicatissima dalle sfumature rosa noir che si svolge in un Giappone immaginifico come sempre che contiene a margine  contaminazioni anglosassoni e che narra la storia di una bambina ritrovata in riva al mare su un letto di alghe in una serata di tempesta.
La recensione integrale è qui :

https://www.cyranofactory.com/letture-sotto-lombrellone-su-un-letto-di-fiori-di-banana-yoshimoto/

 

Ho poi proseguito con “I Leoni di Sicilia” di Stefania Auci, primo volume dell’omonima saga familiare edito da Nord nel 2019. Una lettura piacevole anche per chi come me non è particiolarmente amante dei romanzi storici facilitata da una scrittura scorrevole e sapiente e un modo extra per ricordare il mio primo viaggio a Favignana di qualche anno fa.
Qui le mie riflessioni di recensora:

https://www.cyranofactory.com/letture-sotto-lombrellone-i-leoni-di-sicilia-la-saga-dei-florio-di-stefania-auci/

L’Inghilterra alla fine della I rivoluzione industriale con le miserie e traversie riservate alla working class è tutta racchiusa in “Mary Barton”, nella versione proposta da Elliot di Elizabeth Gaskell, un classico evergreen della letteratura inglese, pubblicato dalla sua autrice in un primo tempo in forma anonima nel 1848, che conserva immutato il suo fascino originario costringendo il lettore a cavalcare l’onda emotiva in maniera sostenuta per arrivare alla fine della storia poderosa narrata.

https://www.cyranofactory.com/letture-sotto-lombrellone-mary-barton-di-elizabeth-gaskell/

 

Giorgio Scerbanenco con la sua prosa garbata e sapiente mi ha riportata ai tempi della mia adolescenza (ero sua lettrice accanita!) senza deludere le mie aspettative dell’oggi. Una trama avvincente in cui è possibile ravvisare una summa esistenziale di spessore offerta senza pretese e imposizioni al pubblico dei fan di questo scrittore geniale che non ha età. La Nave di Teseo ha proposto per la prima volta nel 2018 “L’isola degli idealisti” con prefazione di Cecilia Scerbanenco 

https://www.cyranofactory.com/letture-sotto-lombrellone-lisola-degli-idealisti-di-giorgio-scerbanenco/

 

 

La mia rassegna estiva si è chiusa con una recensione in memoriam, quella di “Accabadora”, Einaudi (2009) di Michela Murgia, opera che ha consolidato la mia stima verso un’autrice che è sempre andata dritta verso il punto grazie a uno stile elegante, stringato ed essenziale, quasi giornalistico.

https://www.cyranofactory.com/25927-2/

“Un livre bien choisi va vous sauver de quoi que ce soit même de vous-même.

Daniel Pennac    

post su scerbanenco

 

Presentazioni d’Autore: “Non ci salveranno di melograni” di Maristella Lippolis

“Si dice che tutte le isole si somiglino un po’, ma ognuna nasconde un’anima segreta che si svela solo a chi sa cercarla”

Quando Laura si concede una vacanza in un’isola della Dalmazia nel periodo immediatamente precedente la guerra dei Balcani del 1991, lo fa principalmente per offrire a se stessa una boccata d’ossigeno in un periodo complesso della sua vita.  La donna, che svolge la professione di avvocato civilista, non riesce a uscire con distacco dal suicidio di una cliente, avvenuto davanti ai suoi occhi nel giorno fissato per un l’udienza di separazione di quest’ultima. A Laura quella circostanza tristissima riporta alla memoria un’immagine indelebile della sua infanzia: quella di sua madre, in bilico sul davanzale della finestra di casa e in procinto di lanciarsi anch’ella nel vuoto. La donna desisterà dall’intento nell’attimo in cui si accorgerà che la bimba è alle sue spalle. Laura è schiacciata dai sensi di colpa derivanti da queste due circostanze tragiche che le impediscono di lasciar fluire liberamente in se stessa e al suo esterno energie vitali indispensabili.
La scoperta della pensione di Vera nell’isola di Soline, visitata durante il suo viaggio, e la decisione repentina di soggiornarvi successivamente al giorno da lei fissato per la partenza, fino a buona parte della stagione successiva, è un’ancora di salvezza che il destino, se così si può dire, le offre all’improvviso per riflettere su se stessa attraverso lunghe passeggiate in luoghi naturali incontaminati e meditazioni scritte, lettere e pagine di diario, per fissare nero su bianco e tentare di dipanare i nodi esistenziali che le impediscono di accettare ciò che è stato ma anche ciò che presumibilmente sarà.
Laura ritrova nell’anziana donna croata, vedova e ancora innamorata del proprio marito scomparso in circostanze non chiarite, un importante trait d’union che le permetterà di recuperare lentamente ma stabilmente un rapporto più equilibrato con la propria madre riconoscendo in quest’ultima un’amorevolezza nei suoi confronti forse mal espressa ma presente sin dall’inizio.
Anche l’affetto complice e solidale di Goran, professore di filosofia e figlio di Vera, servirà alla giovane donna per riconciliarsi con se stessa e con quella parte di femminilità fatta di passionalità e razionalità mantenute, forse, troppo in sordina negli ultimi tempi della sua vita.
La routine semplice e spartana, mai banale, condotta sull’isola, la vicinanza ai quattro elementi che scandiscono la quotidianità essenziale dei suoi abitanti e una natura generosa che offre a piene mani a chi sa ascoltarla ad ampio spettro; i sentimenti gestiti allo stato primordiale scevri da sovrastrutture dai personaggi di questa storia, saranno un toccasana che permetterà a Laura di ripartire verso l’Italia forse con un retrogusto di tristezza per ciò che non si è compiuto ma con una consapevolezza e un senso di autostima rafforzati e approfonditi che le serviranno a progredire  a passo sciolto per le strade della vita.
Il romanzo di Maristella Lippolis, nell’edizione di Ianieri del 2018, è anche interessante per i molti  e attuali spunti di rielaborazione che offre al lettore in un’epoca in cui la tentazione di procedere per le vie del mondo in maniera epidermica per non soffrire (o soffrire poco!) è una tentazione sempre in agguato. La narrazione procede con attenzione e accuratezza stilistiche ma anche scrittorie sul filo del romanzo di introspezione psicologica affiancando tuttavia episodi di vita concreta e agita estremamente verosimili. L’autrice si impegna a toccare l’anima di suoi protagonisti e del potenziale lettore con estrema delicatezza alternando il non detto a descrizioni minuziose ma mai debordanti a corredo di una scrittura fluida e coinvolgente.

Lucia Guida

 

L’autrice 

Maristella Lippolis ha esordito nella narrativa pubblicando racconti sulla rivista “Tuttestorie”. Vincitrice del premio Piero Chiara 1999 con la raccolta ‘La storia di un’altra’, ha pubblicato i romanzi ‘Adele né bella né brutta’, Piemme, 2008, finalista al Premio Stresa dello stesso anno, ‘Una furtiva lacrima’, Piemme, 2013, ‘Raccontami tu’, L’iguana editrice, 2017. Collabora con la rivista ‘Leggendaria’, il ‘LetterateMagazine’, il MagFest.

Maristella Lippolis, Non ci salveranno i melograni, ISBN 978-88-94890-64-8,  €   14,50 

 

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Niemand kann mir Graz aus dem Leben herausnehmen – Nessuno può togliere Graz dal mio cuore – Cronaca di un lungo weekend di gennaio a Graz, Styria

L’ultima volta che sono stata a Graz era l’estate del 1989.

Avevo 24 anni ed ero in luna di miele. Quindici giorni suddivisi tra le città che all’epoca più amavo e più solleticavano il mio immaginario romantico: Venezia, Vienna, Klagenfurt dov’ero in pianta stabile. E poi Salisburgo e la bella Graz, visitata al volo in un pomeriggio soleggiato mentre ero persa nell’atmosfera mittleuropea del suo fascino antico e signorile, molto bon ton. Ricordo che passeggiavo lenta, cullata dallo sferragliare discreto dei tram che incrociavano il mio cammino in maniera educata, pacata. E intanto ammiravo le facciate barocche, le case che recavano con eleganza l’impronta del tempo, continuando a regalare bellezza e sorrisi a chi, come me si incantava a guardarle.
Apprendere da mia figlia di aver vinto un Erasmus Placement presso il dipartimento di ematologia della Medizinische Universität Graz è stata una piacevole sorpresa rafforzata dalla richiesta di Roberta di aiutarla a trasferirsi laggiù.

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Tornare in posti visitati in gioventù riserva sempre delle sorprese.
Sono partita nel pieno dell’influenza di stagione, ingoiando paracetamolo come se niente fosse.

Ma l’aria di Graz, pungente e schietta, è riuscita a fare il miracolo; a farmi star meglio, nonostante il tour de force che ha messo entrambe, me e mia figlia, a dura prova.
Abbiamo avuto giornate splendide e soleggiate sino a quando io non sono ripartita per l’Italia domenica 7 gennaio. Un piccolo segno di benevolenza dell’universo, un gesto di grande magnanimità e beneaugurante per tutto ciò che in questo nuovo anno è in attesa per me e lei.

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Qui di seguito alcuni scatti di pancia che rappresentano questo lungo weekend in quella che sarà la casa di Roberta prima del suo trasferimento a Lübeck per proseguire con la seconda tranche del suo Erasmus. Non cercate la perfezione nelle inquadrature. Cercate solo l’amore e la curiosità che mi hanno spinta a fermare qualche momento speciale.
Buona visione e buona lettura a tutti

 

Tempo

 

Il tempo è un’illusione sottile.
Vederlo rappresentato nella monumentale Torre dell’Orologio che sovrasta una parte dell’Innere Stadt prospiciente il fiume di Graz è un potente monito per tutti i visitatori: a farne sempre buon uso. Anche perché ogni attimo trascorso non tornerà più indietro.

 

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Mur

 

È il fiume che bagna Graz, tagliandola a metà. Ma se pensate a un corso d’acqua sonnacchioso, sbagliate di grosso: la sua superficie è sempre increspata e in movimento, fino a presentare per un breve tratto delle piccole rapide, molto suggestive a vedersi. Ammirarne la superficie non è mai un’occupazione monotona.

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Christmas Spirit

 

Pervade nel periodo natalizio con grande generosità questa città, dalla Stub’n più esclusiva alla birreria tipica, alle vie eleganti del centro sino ai ponti sul Mur addobbati a festa. Un gran belvedere, in cui tutto è curato nei minimi particolari, a partire dagli angoli più impensati di locali e strade.
Da provare i dolci al cucchiaio con cui abbiamo concluso più di un pasto: favolosi, con un inconfondibile sentore di cannella che soddisferà anche i palati più esigenti

 

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Ferro e fuoco

 

Molte le decorazioni di ferro battuto.

Dalla bellezza austera senza tempo, essenziale ma incisiva quanto basta. In foto mi sono divertita a ritrarree la decorazione di un pozzo del 1594 nel cortile principale del Grazer Landhaus.

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Baby Boom

Non ho mai incontrato tanti bimbi piccini e neonati come a Graz. E i Martin Auer Café di Graz hanno saputo ben coniugare un ambiente confortevole a misura di bambino e di adulto in cui entrambi possano trovare la giusta e piacevole dimensione

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City Lights

Adoro tutti i posti in cui le decorazioni luminose contribuiscono a esaltare la bellezza di ciò che caratterizzano. Con un impatto ambientale accettabile ed essenziale, non sovrabbondante. Questa è la facciata del ristorante  Glöckl Brau in Glockenspielplatz , nella parte storica della città

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Io e te ci siamo donate reciprocamente un pezzo del nostro cuore, Graz.
E questa è, forse, la cosa più importante.

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Weekend d’Arte

Trascorrere un weekend fuori porta può avere moltissimi lati positivi: la possibilità di riabbracciare tua figlia che studia fuori all’università, la soddisfazione di presentare il tuo ultimo libro in un localino niente male attorniata da ottima compagnia, l’occasione di poter visitare la mostra di uno dei tuoi pittori preferiti.

E’ quello che ho potuto sperimentare lo scorso fine settimana, da me interamente trascorso in una delle città italiane che più mi piacciono: Bologna.

Il viaggio inizia venerdì pomeriggio su un Freccia Bianca stranamente in orario e poco affollato, entrambe cose apprezzatissime dalla sottoscritta. Ed è, manco a dirlo, un percorso di studio e di lettura per buona parte incentrati sul libro di cui parlerò …

 

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La presentazione del mio libro di sabato 9 aprile 2016 si rivela un’opportunità d’oro per conoscere un angolino accogliente e molto carino: il Caffè Letterario Notturno Sud di via del Borgo di San Pietro, a pochi passi dalla Stazione Centrale di Bologna

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qui sono con la scrittrice bolognese Angela Di Bartolo, ottima relatrice dell’evento

La domenica prosegue tra nuvole, sole e caldo primaverile. Ma la luce più intensa me la regalano le opere di Edward Hopper, uno degli artisti contemporanei che più adoro, attualmente in mostra presso Palazzo Fava. So che le cose non rendono che in maniera pallida le emozioni per aver osservato da vicino opere meravigliose, ma non riesco a fare a meno di portare con me qualche gadget che mi ricordi questa mattinata felice

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Al secondo piano della mostra il mio sguardo di autrice è attirato da questa citazione che riesco a fotografare con la benedizione di un guardiano del museo, dal momento che non è un dipinto e non corre il rischio di sciuparsi anche se in genere non uso mai il flash per le mie foto

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La trovo meravigliosa per me e per tutti gli autori che si cimentano con la scrittura, un invito a proseguire con morbidezza, accuratezza e sagacia nella scelta e nella composizione di una pagina. Del resto, è da tempo che affermo che la qualità migliore di uno scrittore resta quella di usare con parsimonia e con tono misurato le parole. La medesima arte messa da Hopper nelle sue tele.

 

 

Thinking and Writing as an English Teacher – 3rd Lesson

“Material generosity goes hand in hand with generosity of spirit.

  Those who are generous with things behave also in the same way with feelings.”*

Lucia Guida

generosità

photo credits: www.photodom.com

Translating into Italian:

‘La generosità materiale va di pari passo con quella d’animo.

Chi è di manica larga lo è generalmente anche nei sentimenti.’

Question Time

Può capitare che la poesia presti gli strumenti a chi poeta non è per tirar fuori ciò che in quel momento è al centro delle nostre riflessioni.
Nella poesia “Question Time”, scritta ai tempi del mio primo blog dal mio alias Springfreesia, provo a parlare sottovoce delle tante contraddizioni  e di quelle piccole delusioni, prevedibili e imprescindibili,   che conferiscono un retrogusto amaro alla quotidianità di ciascuno di noi. Ricordandoci, tuttavia, di essere comunque unici e, soprattutto, ancora vivi.

Buona lettura e buon fine settimana

A prestissimo

Question Time

 

Spesso mi chiedo che mondo sia quello in cui

il tondo è ormai quadrato,

la luce velata dal buio,

il rosso tristezza e il nero allegria.

 

Solitudine

mantello confortevole per la compagnia

chiasso ostentato silenzio negato

aiuole sintetiche di un verde brillante

al posto di erba spontanea

ai bordi delle strade.

 

Un cielo che è azzurro poi grigio poi nuvole

e da capo sole,

mille cambiamenti in una sola giornata,

e gente che ti sorride ma non lo fa col cuore

mostrando certezze estreme ed estrema

perfezione.

 

E ancora gente che esiste e che ha bisogno di te

ma che diventa

trasparente

per chi fugge il dolore,

inesistente

per chi è costantemente sulla giostra.

 

Questa nostra vita che va

e che somiglia sempre più a un canovaccio

della Commedia dell’Arte

in cui tutto non è quello che sembra

e quello che è

un qualcosa che,

forse,

più

non c’è

Lucia Guida

 

 

 

 

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ph credits: Gilbert Garcin on  smashinghub.com

 

Presenting a Book is Fun

La presentazione di un libro è simile al primo appuntamento.
Se avete intenzione di piacere alla persona che avete accettato di incontrare cercherete di dare il meglio di voi stessi. Sarete brillanti ma senza esagerare, memori del fatto che
la vita va presa con leggerezza ma non con superficialità.
In queste immagini, tratte dai book fotografici di eventi librari cui ho preso parte come autrice o relatrice, vi mostro come parlare di un libro possa essere divertente oltre che istruttivo. Che sia, cioè,  possibile farlo con vivacità e con brio, aggiungendo valore all’opera di cui siete madrine o creatrici.
La nascita e la prima conoscenza di un nuovo libro sono cosa gioiosa e non atto dovuto.
Presentare un’opera, dando l’idea concreta di farlo con piacere, è sempre una scelta vincente.

Buona visione a tutti

A presto

annalisa e lucia

Cosa succede se chiedi a una tua amica collega di presentare con te il tuo primo lavoro? E se lei ti risponde di si, dichiarando di amare le  nuove sfide e le avventure?

‘Emporio Primo Vere’, Pescara, giugno 2012

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La scrittura a volte diventa un mezzo privilegiato per stringere nuove amicizie. Conoscenze che, poi, restano per tutta la vita

‘Più Libri, Più Liberi’, Roma, dicembre 2012

Ari e Lucy alla Feltrinelli

Donne che si raccontano in libreria.

‘Libreria Feltrinelli’, Pescara, ottobre 2013

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Amore e Tradimenti, quante Storie

‘Più Libri, Più Liberi’, Roma, dicembre 2013

il maggio dei libri

Un flûte di prosecco, un amico di penna e scarpette rosse per l’autrice

‘Libreria Shakespeare & Co.’, Roma, Il Maggio dei Libri 2014

Premio Città di Parole

Un premio letterario val bene un sorriso

‘Premiazione del Concorso Nazionale di Narrativa e Poesia Città di Parole III Edizione’, Firenze, ottobre 2014

Lucy e Ari al FLA

Fiori, libri, storie di donne e festival letterari

‘Festival delle Letterature dell’Adriatico 2014’, Pescara, novembre 2014

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C’è più gusto a presentare il proprio lavoro o quello di un amico?

‘Centro Visite Fiume Tirino’, Bussi sul Tirino (Pe), fine novembre 2014

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Introducendo un’amica: stessa emozione che farlo con una propria creatura scrittoria

‘Libreria Mondadori di Pescara’, marzo 2015

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Conversando di poesia a un festival tutto al femminile

‘Festival RosaDonna 2015’, Pescara, maggio 2015

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I libri non hanno scadenza. Parlando di ‘Pergolato’ in amicizia e relax

‘Cultura e Arte: Cibo per la Mente’ Caffè Letterario, Pescara novembre 2015.

Un grazie di cuore a tutti gli amici presenti in queste foto meravigliose.

Lucia riconoscente

Il Buon Anno d’Autore

A principio d’anno una poesia d’autore famosa per voi per propiziare questo passaggio di consegne dal vecchio al nuovo.
E poi,a breve,tante novità di scrittura che mi riguardano.
Auguri di buona vita a tutti

A presto

Oda al primer día del año

Lo distinguimos
como si fuera
un caballito
diferente de todos
los caballos.

Adornamos
su frente con una cinta,
le ponemos
al cuello cascabeles colorados, y a medianoche vamos a recibirlo como si fuera
explorador que baja de una estrella.

Veo el último
día de este
año en un ferrocarril, hacia las lluvias
del distante archipiélago morado, y el hombre
de la máquina,
complicada como un reloj del cielo,
agachando los ojos
a la infinita
pauta de los rieles,
a las brillantes manivelas,
a los veloces vínculos del fuego.

Oh conductor de trenes desbocados
hacia estaciones
negras de la noche.
este final
del año sin mujer y sin hijos
no es igual al de ayer, al de mañana?
Desde las vías
y las maestranzas
el primer día, la primera aurora
de un año que comienza
tiene el mismo oxidado
olor de tren de hierro:
y saludan
los seres del camino,
las vacas, las aldeas,
en el vapor del alba,
sin saber que se trata
de la puerta del año,
de un día
sacudido
por campanas, adornado con plumas y claveles.

La tierra no losabe:
recibirá este día
dorado, gris, celeste,
lo extenderá en colinas,
lo mojará con
flechas de transparente
lluvia, y luego
lo enrollará en su tubo,
lo guardará en la sombra.

Así es, pero
pequeña puerta de la esperanza,
nuevo día del año, aunque seas igual
como los panes
a todo pan,
te vamos a vivir de otra manera,
te vamos a comer, a florecer,
a esperar.

Día del año nuevo,
día eléctrico, fresco,
todas las hojas salen verdes
del tronco de tu tiempo.

Corónanos con agua,
con jazmines abiertos,
con todos los aromas
desplegados,
sí, aunque sólo seas un día,
un pobre día humano,
tu aureola palpita
sobre tantos cansados corazones,
y eres, oh día nuevo,
oh nube venidera,
pan nunca visto,
torre permanente!

Pablo Neruda

 

Il primo giorno dell’anno

Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino
diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte
con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte
lo andiamo a ricevere
come se fosse
un esploratore che scende da una stella.

Come il pane assomiglia
al pane di ieri,
come un anello a tutti gli anelli: i giorni
sbattono le palpebre
chiari, tintinnanti, fuggiaschi,
e si appoggiano nella notte oscura.

Vedo l’ultimo
giorno
di questo
anno
in una ferrovia, verso le piogge
del distante arcipelago violetto,
e l’uomo
della macchina,
complicata come un orologio del cielo,
che china gli occhi
all’infinito
modello delle rotaie,
alle brillanti manovelle,
ai veloci vincoli del fuoco.

Oh conduttore di treni
sboccati
verso stazioni
nere della notte.
Questa fine dell’anno
senza donna e senza figli,
non è uguale a quello di ieri, a quello di domani?

Dalle vie
e dai sentieri
il primo giorno, la prima aurora
di un anno che comincia,
ha lo stesso ossidato
colore di treno di ferro:
e salutano gli esseri della strada,
le vacche, i villaggi,
nel vapore dell’alba,
senza sapere che si tratta
della porta dell’anno,
di un giorno scosso da campane,
fiorito con piume e garofani.

La terra non lo sa: accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline
lo bagnerà con frecce
di trasparente pioggia
e poi lo avvolgerà
nell’ombra.

Eppure
piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell’anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani
a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.

Ti metteremo
come una torta
nella nostra vita,
ti infiammeremo
come un candelabro,
ti berremo
come un liquido topazio.

Giorno dell’anno nuovo,
giorno elettrico, fresco,
tutte le foglie escono verdi
dal tronco del tuo tempo.

Incoronaci
con acqua,
con gelsomini aperti,
con tutti gli aromi spiegati,
sì,
benché tu sia solo un giorno,
un povero giorno umano,
la tua aureola palpita
su tanti cuori stanchi
e sei,
oh giorno nuovo,
oh nuvola da venire,
pane mai visto,
torre permanente!

  Pablo Neruda, Terzo libro delle odi, (1957)

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photo credits: isolafelice.forumcommunity.net

 

Il giardino di Marinella

A volte basta poco per sentirsi partecipi della Natura. Per Marinella possedere la sua essenza attraverso i fiori del suo giardino.
Un racconto breve che parla della diversità in termini reali e autentici di valore aggiunto.
Buona lettura

A presto

 

Il giardino di Marinella

Marinella coglie un fiore e poi lo annusa; è un narciso selvatico, piccolo e delicato. In paese è usanza andare a coglierli nel bosco a Pasquetta, a frotte, per venderli agli angoli di strada a qualche forestiero arrivato lì per caso, in transito prima di raggiungere il borgo del frate cappuccino santo.

Lei non ha mai fatto parte del gruppo di ragazzotti schiamazzanti che, a piedi, s’inerpicano per la montagna, violando pascoli centenari alla ricerca dei sucamele, fiori che, a reciderne la corolla di netto, lasciano colare in bocca stille dolcissime di nettare divino. A Marinella non piace condannarli a morte repentina; preferisce coglierli con garbo nel terreno incolto della Forestale e poi metterli ordinatamente in una vecchia brocca a occhieggiare in cucina o nel tinello perché possano spandere la loro fragranza dolce per l’aria circostante.

In quella brocca antica, piena di crepe, in cui due contadinelle si contendono la scena, coi i loro canestri e i loro sorrisi persi in chissà quale universo lontano, trovano posto fiori d’ogni tipo a seconda della stagione. Le più penalizzate sono certamente le orchidee selvatiche, meraviglie della natura in miniatura. Tentano disperatamente di mantenersi a galla, annaspando tra fiori di campo forse meno rari ma di sicuro più sfrontati, in grado di sovrastarle. Il gambo esile non permette loro di emergere e questi fiori così esotici, per uno scherzo della natura sbocciati sulla terra arida di montagne avare, devono davvero a caro prezzo contendersi l’attenzione dei visitatori di quella casetta arrampicata, come tutto il resto intorno, sulla fiancata della roccia.

La primavera è anche il tempo degli iris azzurri e gialli dai petali setosi. Un delitto accarezzarli troppo. Si rischia di infastidirli e di condannarli a un veloce oblio. Marinella si è chiesta più volte se sia davvero il caso di cogliere tutta quest’opulenza fiorita o se, invece, sia preferibile lasciarla a dimora nella terra umida e bruna quando è la pioggia a irrigarla e a renderla soffice al passo.  Ne ha concluso che, forse, ai fiori piace essere coccolati dal suo sguardo amorevole piuttosto che affievolirsi lentamente sotto aria, sole, vento implacabili e rudi come i luoghi che li accolgono.

Un altro fiore che adora è il croco, violetto col suo cuore di fuoco. E’ una gioia leggera vederlo spuntare dal terreno ancora ricoperto di neve. Segna con brio e un pizzico di voluttà il passaggio dall’attimo di transizione invernale, fatto di silenzio, uniformità e riflessione, a quello di ripresa lenta ma efficace verso la bella stagione, i giorni luminosi e l’aria più mite. Il croco ha vita brevissima che lei cerca di procrastinare poggiandolo, appena divelto con amorevolezza, sul palmo di una mano. Poi lo lascia navigare sulla superficie ridotta di una tazza da tè scompagnata, poggiata sul comò della sua camera da ragazza di un tempo, tra una spazzola dall’impugnatura di osso, una boccetta di profumo con lo spruzzatore a pompetta e una madonnina sottile vestita di azzurro dallo sguardo mesto rivolto verso il basso.

Marinella non ama discriminare i suoi fiori.

Anche un comune bocciolo di tarassaco o un anemone selvatico giallo o celestino possono entrare a far parte dei suoi ricchi bottini floreali colorando le stanze della sua quotidianità. A volte il suo entusiasmo si manifesta colmando di natura odorosa anche le tasche del grembiulone confezionatole da sua madre, ora informe e di uno sbiadito rosa, sempre pronto a coprire la maglietta e la gonna regolamentari che le fanno assumere l’aria un po’ buffa e fané di una bimba d’epoca camuffata da donna, i capelli castani inframezzati da fili argentati e tagliati corti, alla spalla, lisci come fili d’erba in attesa di essere piegati da un refolo di vento indulgente.

Il grembiule le serve per non sporcarsi di terra, cosa che capita in realtà assai di rado; procurandole, per contro, la soddisfazione di sapere sempre di aria buona e pulita, di campagna e di sole, fiore tra i fiori ricercati con certosina pazienza e poi collezionati in ogni contenitore possano essere infilati. Rimpiazzati di continuo, al minimo segno di tempo che scorre, da altra natura fresca, viva, vitale. Come la luce che le fluisce dallo sguardo color ambra, da tigre ridotta in cattività e tuttavia mai irreggimentata in uno stile di vita scontato: quello dei clienti dell’unico bar del borgo, attratti lì dalla frescura estiva ma pronti a ripartire alle prime foglie d’autunno, al vento implacabile e alle rigide temperature invernali.

Qualcuno sorride nel vederla passare ma soltanto perché vuol vedere ciò che ha deciso di vedere. A lui Marinella non regalerà mai un fiore, né prenderà con impeto la mano per chiedergli silenziosamente di accarezzare una corolla di velluto dal mazzolino che conserva gelosa in tasca. I suoi pensieri migliori, le sue primizie in fiore sono tutte per la bimba che le ha offerto una caramella all’anice, succosa e dolcissima, e che non ha avuto paura di cogliere il suo invito muto per affondare la manina nei tesori frutto del suo duro lavoro di raccolta giornaliera.

Oggi il cielo è grigio e l’aria sa di pioggia.

Marinella guarda seria il paesaggio uniforme che ha davanti ma non è triste al pensiero che dovrà fare a meno della sua passeggiata nei campi perché sua madre non vuole che si bagni, potrebbe anche ammalarsi. Sa che nella sua vita ci saranno tante altre giornate colorate di vento e di sole nell’aria frizzantina di aprile. Tanto le basta.

Sorride piano mentre accudisce tenera i fiori colti il giorno prima. Sa che il suo amore e un po’ d’acqua fresca faranno il resto, aiutandoli a sopravvivere e a farle da contrappunto per un altro po’. Fino al prossimo volo nella natura, fino al prossimo amorevole e paziente viaggio.

Poi guarda con stupore rinnovato le gocce argentine di pioggia che rigano i vetri, battendo sulle tegole del tetto per tenerle compagnia come amiche sincere, presenti al bisogno ma pronte ad andar via alla prima schiarita, ritmando la sua felicità dell’oggi con semplicità e sincerità.

Lucia Guida

 

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Silvia Martignago, ‘Fiori selvatici’