Presentazioni d’Autore: “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” di Remo Rapino

La vita di Liborio Bonfiglio appare da subito segnata da quelli che Liborio medesimo, voce narrante di questo romanzo corposo vincitore del Premio Campiello 2020, chiama  “segni neri”: circostanze sfortunate, a cominciare dal temporale fragoroso che ne annuncia la nascita in una serata agostana sui generis in cui sua madre e suo nonno materno attendono medico e levatrice che tardano ad arrivare, e a terminare con l’attesa paziente del protagonista seduto in perfetta solitudine su una sedia spagliata nella sua modesta abitazione, pensando alla vita colorita in maggior parte di controversie che, si sa, “sono  come le cirasce, una tira all’altra”.
Eppure Liborio da bravo traghettatore cerca di reagire alla malasorte vivendo per ben ottantaquattro anni; attraversando il ventennio fascista, la seconda guerra mondiale, il boom economico, gli anni di crisi politica e morale del Belpaese, da lui percorso da centro-sud a nord e viceversa in lungo e in largo, alla ricerca di occasioni di vita migliore, di compagnie maschili e femminili mitizzate in cui identificarsi, come quella di  Venturi Ermes, conosciuto ai tempi del militare e mai più dimenticato assieme a Giordani Teresa, il suo primo amore e la figura del maestro Cianfarra Romeo, pietra miliare della sua infanzia e ricordo costante di ciò che avrebbe potuto essere se soltanto il destino gli avesse regalato occasioni più propizie. Liborio va avanti per la sua strada abbracciando fedi politiche e dottrine sociali in cui si riconosce, conservando in tasca la copia del romanzo deamicisiano “Cuore”, dono del buon maestro Romeo che mostra soltanto a chi sente affine al suo destino tanto da sceglierlo come depositario dei suoi racconti di vita e di strada e delle sue confidenze. Dei suoi sogni e delle sue speranze coltivati con estremo senso delle proporzioni, tipico atteggiamento di chi sa di poter osare sino a un certo punto perché ha tasche che possono contenere soltanto sassi con cui restare ancorato al suolo nelle giornate di vento forte. Un Cocciamatte savio a detta del dottor Mattolini Alvise del manicomio di Imola, luogo in cui Liborio soggiornerà a lungo a seguito di una vicissitudine tragica che lo ha visto protagonista e che ha segnato la sua fine lavorativa. Personaggio autorevole da cui l’operaio aspetterà invano in dono un camice bianco a testimonianza del pieno riconoscimento della consapevolezza e lungimiranza mostrate, certamente migliori e più profonde di quelle di tanta brava gente; un poveraccio connotato, invece,  da uno phisique du rôle ben preciso una volta di ritorno al luogo di nascita, appena tollerato dai suoi compaesani, incarnazione per qualcuno di essi dei peggiori disegni esistenziali. Eppure Liborio riuscirà a prendersi comunque la sua rivincita personale sull’Amore che a suo tempo non lo ha benedetto e su Maccarone, benestante marito di  Giordani Teresa, andando ben al di là del bacio casto di gioventù rubato in una giornata di grandi celebrazioni. Con il placet solidale dei lettori, attenti e curiosi sino all’ultima pagina di questa storia dolceamara in cui luci e ombre, sorrisi sfumati di malinconia autentica, si alternano e si fondono in spaccati di grande umanità culminando in un finale  scenografico ed evocativo ma certamente coerente. Un finale costruito da Liborio a sua immagine e somiglianza, allo stesso tempo rassicurante e intriso di pathos.

Il linguaggio con cui Remo Rapino fa parlare Liborio Bonfiglio è un mixage accurato di italiano standard e dialetto abruzzese, ricco di neologismi coniati dallo stesso Liborio per mantenere il passo e la storia all’altezza di tempi e luoghi da egli menzionati. L’opera è, infine, corredata da un piccolo glossario finale pertinente e utile a chi ha poca dimestichezza con il registro linguistico del protagonista.

Lucia Guida

 

L’autore

È stato insegnante di filosofia nei licei. Vive a Lanciano. Ha pubblicato i racconti Esercizi di ribellione (Carabba 2012) e alcune raccolte di poesia, tra cui La profezia di Kavafis (Moby-dick 2003) e Le biciclette alle case di ringhiera (Tabula Fati 2017).*

 

*minibio presa dalla quarta di copertina dell’opera edita da Minimum Fax

Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, ISBN 9788833890876, € 17

 

La recensione originale è presente su questa pagina

Ricette d’Autore: il Parrozzo

Un’occasione migliore del giorno di Natale non c’era per condividere questa seconda Ricetta d’Autore, coniugando in questo post tutta l’unicità di questa festività vissuta quest’anno senza clamore, nella sua essenza più pura, tra mura domestiche, badando all’importanza delle piccole cose che rendono autentica la nostra vita.
Un dolce tipico e rappresentativo dell’abruzzesità, tanto da spingere a suo tempo Gabriele D’Annunzio  a scrivere dei versi a esso dedicati da me preparato secondo una ricetta di famiglia trasmessa di madre in figlia.
Buona lettura e buona preparazione ma soprattutto che lo Spirito del Natale più genuino (di nome e di fatto!) sia sempre con voi.
A special thank to Maria Grazia Di Biagio, ispiratrice di questo post, poeta molto brava e altrettanto brava gourmet e cuoca.
A rileggerci presto

Lucia

Il Parrozzo

Ingredienti:

  • 150 gr di mandorle sgusciate ma non pelate
  • 250 gr di semola di grano duro
  • 6 uova intere
  • 150 gr di zucchero bianco semolato
  • la buccia grattugiata di un limone biologico
  • una fialetta di aroma di mandorla amara (o, in alternativa, pochi amaretti sbriciolati e una fiala all’aroma di mandorla)
  • 150 gr di cioccolato fondente per la copertura

Preparazione:

Sbattere i tuorli con lo zucchero, aggiungere la semola poco per volta, le mandorle tritate al mixer, la buccia di limone grattugiata e la fiala aromatica. Alla fine incorporare gli albumi montati a neve ben ferma, mescolando dal basso verso l’alto. Cuocere in forno statico a 150°/160° per un’ora e mezza circa. Lasciar raffreddare ben bene, capovolgere su una superficie piana e spalmare con una spatola sulla calotta la cioccolata fondente fusa a bagnomaria. Aspettare che solidifichi mettendolo a riposo in un luogo fresco, tagliare a fette e servire.
NB: lo stampo adatto per cuocere in forno (di forma semisferica) è reperibile anche su Amazon. Io ne ho usato uno di alluminio del diametro di  20 cm.

Il suggerimento extra: accompagnare una fettina di questo dolce con un bicchierino di Aurum, liquore aromatico al gusto di arancia tipico di queste zone, o in alternativa con del bon limoncello o arancino preparati in casa

La citazione:

“I dolci in tavola sono come i concerti barocchi nella storia della musica: un’arte sottile.”
Isabel Allende, ‘Afrodita’ (1998)

Parrozzo realizzato da Lucia, dicembre 2020.

“Tre Storie”: Gianrico Carofiglio

Cari amici,

tre proposte di lettura e/o rilettura dedicate a Gianrico Carofiglio da me pubblicate sulla mia pagina di recensioni  “Tre Storie” sul sito di  Cinema, Teatro, Libri, Arte, Musica e Viaggi culturali Cyrano Factory .
Per il mio viaggio attraverso la scrittura di quest’autore ho scelto tre romanzi, “Ad occhi chiusi”, Sellerio, 2003, “Né qui né altrove, Una notte a Bari”, Laterza (2008) e “Il silenzio dell’onda”, Rizzoli (2012).
Perché un libro salva sempre. Ed è un salvataggio che dura in eterno.
A rileggerci presto

Lucia