Il corpo delle donne

E’ un momento difficile per tutti. Specialmente per noi donne, in una società che accetta con indifferenza omologazione femminile  a gogo glissando, altresì, con altrettanta e pessima nonchalance sui tanti, troppi episodi di femminicidio. Cambiare mentalità è una questione di educazione. Educarsi a volersi bene per educar bene gli altri un atto dovuto.

Per voi un post di qualche mese fa rebloggato da LiberArti a cui tengo particolarmente. La mia personale e concreta testimonianza di questa scelta difficile ma possibile
Buona lettura

Il corpo delle donne

Se ripenso ai miei 48 anni rivedo 48 primavere di battaglie infinite, molte delle quali combattute contro me stessa: contro alcune convinzioni con cui sono cresciuta e che per buona parte della vita mi hanno accompagnata. Segnando a volte le mie scelte. Condizionandomi. Generando in me innumerevoli sensi di colpa e lasciandomi lì a macerarmi tra mille se e mille ma. Eppure ce l’ho fatta. A un certo punto del cammino seppure con fatica sono riuscita a riequilibrare la mia vita, a darle un’impronta per me positiva. A volermi bene e a continuare ad accrescere la mia sensibilità femminile con la scrittura.

Ogni donna alla ricerca tardiva della propria consapevolezza rinasce per almeno una seconda volta a nuova vita. Lo fa quando si assume le responsabilità che le competono tirando avanti con coraggio per metabolizzare promesse d’amore mancate. Quando lotta per riappropriarsi della propria vita scegliendo di vivere di luce propria e non già di luce riflessa. Quando tenta di far valere la propria intelligenza congiuntamente alla propria femminilità in un paese, il nostro, in cui,  forse più che altrove, una donna di spessore è sempre guardata con sospetto. Uno spaccato sociale, quello italiano, in cui si ricorre alle quote rosa , di per sé concetto palesemente  discriminante, tentando di riequilibrare burocraticamente  ( almeno sulla carta! ) la par condicio in materia di genere. E’ lampante e pacifico che anche in politica un parere al femminile possa valere tanto quanto un’opinione maschile; mi correggo, che a volte possa valere molto di più. Perché una donna intelligente agisce con quello che i popoli anglosassoni definiscono quickthinking:  una buona dose di vivacità mentale che  la porta in tempi accettabili e con ragionevole prontezza a ricercare e ottenere la soluzione giusta al problema che ha davanti. Superiorità razziale? No, semplice istinto di sopravvivenza. Quello che, nel corso dei secoli, ci ha condotte ai nostri giorni rafforzando la nostra grinta e la nostra determinazione a dispetto di palesi discriminazioni coniugate  ancestralmente al femminile. Che assai spesso ci ha fatto accettare e metabolizzare frasi come “ dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”. Che ci ha portate talvolta a svilire il nostro aspetto fisico per omologarlo (sic!) a vario titolo al sentire comune tipicamente maschile: se è bella non ha altro da offrire. Come se contemperare intelligenza, tenacia e un aspetto fisico gradevole fossero poi una colpa esplicitata da una miopia intellettuale che continua a rincorrere le donne tentando di insinuarsi in quelle poche certezze così a caro prezzo da esse raggiunte. Spingendole ad addossarsi, a torto o a ragione, colpe  che nessun uomo di media levatura si sognerebbe lontanamente di mettere in conto.

A inizio di terzo millennio la situazione femminile appare stagnante. Pochi i guizzi felici nella quotidianità di molte donne e un cammino lavorativo, professionale e familiare condotto di sovente in salita. Per quelle donne che, ovviamente, decidono di raggiungere una meta qualsiasi senza addivenire a compromessi di nessun tipo, fedeli alla propria essenza e fiduciose del proprio valore e di null’altro.

Il corpo delle donne da scandalo. Il corpo delle donne spaventa. Il corpo delle donne è un comodo passepartout. Nel virtuale e nel reale.

L’unica salvezza possibile è, tuttavia, che il corpo delle donne continui ad appartenere solo ed esclusivamente alle donne: e per corpo intendo l’accezione più antica di corpus e cioè l’insieme inscindibile di cuore, mente, anima.

Auguri di buona vita a tutte noi.

Lucia Guida

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 In foto “Amiche al mare”, Grottammare (AP), 1925 – collezione privata dell’autrice.

N.B. Per chi voglia leggere in originale il post il link di riferimento è questo

Presentazioni d’autore: “Milites – soldati” di Cristina Lattaro

Cari amici, in questo post vi presento il romanzo “Milites-soldati” di Cristina Lattaro, versatile autrice reatina da me conosciuta personalmente in occasione di una tavola rotonda incentrata sulla scrittura al femminile organizzata dalla Nulla Die, casa editrice siciliana indipendente, nell’ambito di “Più Libri Più Liberi”, fiera della piccola e media editoria, edizione 2012.

“Milites” è stato pubblicato a inizio del 2013 dalla casa editrice Lettere Animate per la collana di narrativa contemporanea Raccontando.

Se ne avete piacere potete leggere in prima battuta questa recensione nel mio spazio di LiberArti.

 

Il romanzo

Immaginate un libro ricco di riferimenti introspettivi contenuti in una cornice per certi versi da noir di buon livello in cui viene inoltre affrontata una tematica attuale e scottante, quella dell’omosessualità e della difficoltà di farne con consapevolezza outing in un ambiente sociale e professionale qual è quello militare.

“Milites” di Cristina Làttaro, Casa Editrice Lettere Animate, è questo e altro, tessendo con abilità e un linguaggio scrittorio di ottimo livello un sottile ma robusto filo di Arianna, affidato già in prima battuta al lettore chiedendogli di dipanarlo pian piano, lentamente attraverso le pagine dell’intreccio narrativo di questo romanzo costruito in maniera piana ma soltanto all’apparenza.

Fabio Mosto, protagonista, è un colonnello dell’esercito impegnato a riscattare la propria esistenza, quanto meno in ambito professionale, sperando che ciò lo ripaghi di una nascita illegittima e di un padre che non l’ha mai voluto incontrare pur essendosi sobbarcato del suo mantenimento e averlo favorito all’inizio della sua carriera militare. Domizio Bruni, al contrario, è un rampollo dell’aristocrazia concentrato nello spasmodico sforzo di autoaffermarsi, spesso a discapito degli altri, utilizzati e messi via con estrema leggerezza. Entrambi, anche se per ragioni distinte, hanno ripiegato sulla carriera militare e taciuto sulle proprie preferenze sessuali. All’indomani della morte per droga del suo amante David, dovuta al suo abbandono, Fabio è addirittura arrivato a ricostruirsi una nuova “verginità” sociale sposando Amina, donna incolore e insignificante che gli ha dato una figlia, Erica. Domizio ha, invece, continuato ad esercitare il proprio fascino maschile senza scrupoli di nessun genere, divertendosi a irretire commilitoni di esperienza tanto quanto giovani reclute alla ricerca di nuove sensazioni proibite. A un certo punto della vicenda entrambi si trovano l’uno al fianco dell’altro. L’irreparabile accadrà inevitabilmente ma questa volta Mosto cercherà di cautelare quanto meno sua figlia, avvicinata per vie traverse da Domizio per arrivare a lui.

La narrazione si svolge secondo la falsariga di cronache militari contraddistinte non da capitoli ma da riferimenti topologici e da date non necessariamente disposte in ordine cronologico, finalizzate a condurre il lettore in profondità nella storia spaziando disinvoltamente nell’arco di più un decennio tra colpi di flashforward e flashback. Secondario ma non per questo meno rilevante è il tema del sovrannaturale, così caro all’autrice, racchiuso in un elemento piccolo ma significativo: un mammoccio di pezza costruito dal sergente Rocco Fani e investito da energie negative secondo i dettami tramandatigli dalla nonna, esperta in magia nera, per annientare Bruni col quale ha intrattenuto una relazione fugace e che di lui non vuole sapere più nulla.

Un’ultima notazione è sulla location del romanzo, ambientato in maniera preponderante a Rieti: una Rieti per certi versi misteriosa e riservata, descritta come testimone silente della complessità e del coacervo di emozioni e sensazioni di un gruppo di uomini spesso dipinti,  di certo per effetto di stereotipi e/o tipizzazioni ancora estremamente radicate nel nostro tessuto sociale, come machos incorruttibili, ben lontani  da quella che talvolta si rivela come concreta realtà.

 

L’autrice

Cristina Lattaro, prolifica e versatile scrittrice, nasce e vive a Rieti. Esercita la professione di ingegnere elettronico presso il reparto di Ricerca & Sviluppo di una multinazionale statunitense. Titolare di cinque brevetti USA e presente in due articoli scientifici, ha pubblicato nel dicembre 2011 La saggezza dei posteri, nell’aprile 2012 LusoresCalciatori, nel novembre 2012 Il volo di carta in due e-book, nel gennaio 2013 Milites – Soldati,  nel febbraio 2013 Stryx Julia, Biglia di vetro vol. 1 e 2 nel marzo e maggio 2013. Dal 30 agosto 2012 è ospite fisso in un ciclo di trasmissioni dedicate ai libri e all’editoria presso l’emittente televisiva Rieti Lazio TV  (RLTV, canale 677 digitale terrestre).

Cristina Lattaro, Milites – soldati, ISBN: 9788897801535, € 10,00 

 

 

 

 

 

 

RLTV 677 presenta “La casa dal pergolato di glicine” di Lucia Guida, edizioni Nulla Die

“Pomeriggio 2.0″ è una trasmissione in streaming di RLTV, emittente reatina, in cui Cristina Làttaro, scrittrice, e Sonia Rosatelli, conduttrice, parlano di libri di nuova pubblicazione e di editoria.
In questo video Cristina e Sonia presentano “La casa dal pergolato di glicini”, in uscita il 15 luglio 2013 e mio primo romanzo. L’intervista include una chiacchierata con Salvatore Giordano, Direttore Editoriale della Nulla Die, mia casa editrice.
Buona visione a tutti

Alla fine di una storia – Aspettando la pubblicazione de “La casa dal pergolato di glicine”

 

I momenti che precedono la pubblicazione di un libro mi rimandano con un pizzico di nostalgia ai primi minuti che hanno seguito la nascita di entrambi i miei figli.

Tanta stanchezza, la sensazione di esserti liberata di un peso e al contempo il rimpianto di quel pancione che per nove mesi ti ha accompagnata ritmando le tue albe e i tuoi  tramonti.
Sono dichiaratamente una shortstory teller, un’autrice a cui sta a cuore veder concretizzata la propria opera in poco, pochissimo tempo; cimentarmi in un romanzo mi è costato una fatica immane, primo tra tutti il timore di non riuscire a delineare in modo organico la storia che mi frullava dentro con la stessa dimestichezza con cui, da tempo, nelle mie ore di libertà, mi diverto a scrivere racconti brevi.

Alla fine ce l’ho fatta. Sono arrivata al traguardo duplice di portare a termine la narrazione di un’estate memorabile, quella di Marina Federici, protagonista del romanzo, e di renderla manifesta e palese ai miei lettori attraverso un’opera di editing altrettanto sofferta e corposa.

So che  qualcuno sorriderà, ma queste 154 pagine sono state le più lunghe della mia vita di donna essenziale, più incline a concretizzare in breve il mio mondo di pensieri. Evocando e suggerendo piuttosto che servendo, sia pure su un piatto d’argento, emozioni e stati d’animo per il tramite di immagini scrittorie che ciascuno potrà completare legandole alla propria esperienza di vita.

“La casa dal pergolato di glicini” è quasi pronta per affacciarsi sul mondo, racchiusa in una copertina che è la riproduzione fotografica di Massimiliano Giordano, mio giovanissimo editore, di un dipinto di Marian Fortunati, pittrice americana en plein air intitolato “Wisteria Shadows”. Un titolo suggestivo e quanto mai emblematico per introdurre una storia di amore, affetti profondi e amicizie per la vita.

Una storia intessuta di quotidianità come le piccole e grandi cose di cui mi piace parlare e scrivere, questa volta permeata dal profumo forte e deciso di un tralcio di glicine in piena fioritura.

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