Reading Tips “Lithium 48” di Fabio Iuliano e “La diva Julia” di William Somerset Maugham

Con un lieve ritardo sulla tabella di marcia mantengo la promessa fatta a inizio d’anno di condividere con voi le mie letture fatte per diletto e per passione. In questi quasi due mesi di latitanza vi propongo quella di un romanzo breve, “Lithium 48”,Aurora Edizioni (2017), opera di esordio del giornalista Fabio Iuliano e di un altrettanto gradevole romanzo di W. Somerset Maugham, tra i miei autori preferiti da sempre, intitolato “La diva Julia” , Adelphi (2000). Due prospettive diversissime per occuparci di umanità a tutto tondo.
Buona lettura a voi e a risentirci presto

Lucia

Lithium 48 di Fabio Iuliano

Immaginate di avere un vuoto di memoria di 48 ore. Di trovarvi, oggetto di un trattamento sanitario obbligatorio, in una struttura di un Paese che amate profondamente; in cui avete scelto di vivere, eleggendo la sua capitale a vostra casa pro tempore, ma che in un frangente come quello non è il vostro Paese. Di essere prigionieri di dubbi e incertezze che vi catapultano come per un giro sulle montagne russe dalle stelle alle stalle. Preda di una paura, invisibile ma sottile, permeabile che è quella che il mondo, per il tramite di qualcuno che non conoscete (e per il quale siete oggetto di controllo continuo), vi spii e voglia esercitare su di voi una sorta di monitoraggio a cui è impossibile sfuggire. È con questo importante bagaglio emotivo che Simone, blogger e musicista, prestato dall’Abruzzo alla Francia dopo varie peregrinazioni in Europa si appresta ad affrontare il periodo postumo all’attentato alle Twin Towers, filtrando cose persone e situazioni attraverso la percezione distorta, per molti versi distopica, di una routine quotidiana che inizia ad andargli stretta. Cercando di venire a capo di nodi esistenziali importanti stemperati dall’ottimo parterre musicale, ricco di citazioni e di notizie pertinenti, di cui questo romanzo breve è fornito. Un libro che si conquista la simpatia del lettore, a lui empaticamente vicino non tanto per un discorso meramente solidale dovuto al disturbo bipolare di cui il protagonista soffre ma per la percezione netta, condivisa, che la vita sia un palcoscenico a cielo aperto in cui ogni atto sia parte di un canovaccio appena abbozzato suscettibile di cambiamenti e colpi di scena continui, per la maggior parte inimmaginabili, su cui la volontà del singolo ha davvero poco ascendente. Un’opera prima avvincente del giornalista/blogger e musicista aquilano Fabio Iuliano dal formato snello che colpisce l’immaginario di chi lo ha tra le mani stimolandolo a leggere di corsa sino all’ultima pagina per “sapere come va a finire” con il contrappunto adrenalitico, “alternative rock”, della musica preferita evocata dal creatore della storia.

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Fabio Iuliano, Lithium 48, ISBN 9788894808162

La diva Julia

Julia Lambert è un’attrice inglese di teatro di successo, grazie anche all’oculata amministrazione di sé stessa dal punto di vista professionale portata avanti da suo marito Michael Gosselyn, all’inizio della storia attore di bell’aspetto, corteggiatissimo ma mediocre come teatrante. L’uomo in seguito si reinventerà abile manager grazie al successo riscosso dalla moglie al punto da diventare pian piano affermato impresario teatrale. Smettendo i panni della persona di cui lei si era da giovane innamorata: un uomo che, tuttavia, per quieto vivere aveva ceduto al suo amore con la benedizione dei suoi genitori, conquistati dall’aspetto bon ton della ragazza. Julia asseconda di buon grado le mire e le ambizioni del suo compagno all’inizio per mera dedizione, poi per pura convenienza, rinunciando a una parte del proprio vissuto (ad esempio negando di essere figlia di un veterinario e millantando un padre dottore consigliata in ciò da Gosselyn). Cerca, quindi, stimolata dal suo pigmalione di entrare a far parte della Londra bene sfruttando la benevolenza e l’ammirazione di cui è oggetto per consolidare la sua ascesa artistica. Incapace di vivere di vita propria, la donna preferisce barcamenarsi nelle vicissitudini quotidiane mutuando battute e caratterizzazione dai personaggi che interpreta sul palcoscenico fino al primo colpo di testa che la vede cedere alle avances di un suo giovane ammiratore, un colletto bianco di modesta cultura e sensibilità che però ha il potere di scuoterla dal torpore e dal disamore in cui la sua vita matrimoniale è con l’andare del tempo precipitata. Al di là delle vicissitudini lavorative (qualcuno vorrebbe metterla in un angolo e spodestarla del ruolo di protagonista per il quale ella ha lavorato duramente spettacolo dopo spettacolo) l’unico punto di riferimento certo della sua vita è rappresentato dall’amore materno per suo figlio Roger, paradossalmente molto più capace dei suoi genitori di mantenersi con i piedi ben piantati per terra e di saper inquadrare entrambi per ciò che essi nella realtà sono. “La diva Julia” , ritratto della più grande attrice d’Inghilterra, come pomposamente l’apostroferà spesso Michael nel corso dell’intera narrazione, rappresenta uno spaccato notevole condotto soprattutto dietro le quinte e venato di ironia graffiante dell’ambiente artistico teatrale londinese degli anni trenta del secolo scorso  grazie all’abilità scrittoria di Somerset Maugham che all’epoca si documentò con dovizia di particolari per dare verosimiglianza al suo romanzo articolato con la tecnica del narratore onnisciente. Divertendosi di gusto, grazie a tale artificio, nel lasciar trapelare, spesso con fare ammiccante, tutto ciò che passa per la testa della sua bella e ambiziosa protagonista.

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William Somerset Maugham, La diva Julia, ISBN 9788845915437

Reading Tips: “Grande Meraviglia” di Viola Ardone e “Un anno con Salinger” di Joanna Rakoff

Leggere è uno dei miei passatempi preferiti e uno dei modi che mi concedo talvolta per chiudere in bellezza le mie giornate. Per un periodo di tempo piuttosto lungo ho recensito da freelance su siti di varia tipologia con l’unico scopo di comunicare ad altri le sensazioni che leggere un libro mi dava facendolo soltanto se quella determinata opera aveva il potere di suggerirmi qualcosa.
Uno dei propositi di questo nuovo anno è quello di continuare a impegnarmi in questa impresa solo ed esclusivamente per me stessa, continuando a prediligere storie che mi colpiscano di cui parlare come lettrice senza nessun’altra pretesa. Dei semplici suggerimenti di lettura pubblicati ogni mese e mezzo da cogliere, se pensate che ne valga la pena, filtrati attraverso la mia emotività di Persona e la mia idea di Scrittura.
E ora andiamo a incominciare.

A presto

Lucia

Grande Meraviglia di Viola Ardone

Elba è un’adolescente nata in quello che chiama mezzomondo, un ospedale antecedente alla legge Basaglia in cui sua madre, una giovane tedesca, è stata internata da un marito poco propenso ad avere al suo fianco una moglie ribelle che lo ha tradito con un altro. La sopravvivenza in un universo difficile è tutta nella capacità che Elba ha di fluire, come il grande fiume di cui porta il nome, attraverso la sofferenza, le incongruenze, i non detti e le cure invasive a cui gli ospiti della struttura sono sottoposti da chi vi lavora per i quali, unendoli idealmente nel suo microcosmo, lei ha pensato a soprannomi illuminanti, non facendo distinzione alcuna tra pazienti e operatori: Gilette, Nonna Sposina, la Nuova, Mastro Lindo, Lampadina, Riccioli d’Oro .  Per Fausto Meraviglia, giovane medico di fede basagliana, Elba rappresenta il suo personale contributo (e per certi versi riscatto) nei confronti di una vita professionale ma anche personale priva di grandi slanci o successi eclatanti, condotta con qualche distrazione che gli sarà fatale. L’opportunità di prendersi cura di lei come una sorta di novello Pigmalione che il medico si è arrogato di concedersi non avrà però gli effetti sortiti perché Elba sceglierà per sé una vita diversa, più consona alle sue esigenze e alla sua sete di risposte esistenziali, lontana dal suo benefattore. Il mio personale messaggio in bottiglia è tutto nella metafora potente contenuta in queste pagine di quanto, nella vita, a volte sia importante “lasciare andare” cose, persone e situazioni su cui abbiamo, ahimè, poteri molto limitati.

grande meraviglia

Viola Ardone, Grande Meraviglia, ISBN 9788806257620, € 18,00

Un anno con Salinger di Joanna Rakoff

Una giovane neo laureata e appassionata di letteratura di belle speranze,  (personali ma anche scrittorie, dal momento che uno dei suoi sogni è quello di diventare un giorno autrice) riceve il suo battesimo di fuoco negli spazi di un’agenzia letteraria che annovera tra gli autori niente meno che penne rinomate come Judy Blume o  J. D. Salinger, dipinto negli ultimi anni della sua vita. Jo, Buba per Don, suo partner distratto perché forse più proteso verso l’illusione di scrivere qualcosa di unico e memorabile che verso la costruzione di un rapporto efficace con la sua donna, lavora in modo indefesso per l’Agenzia, una delle più prestigiose e antiche di New York a fronte di uno stipendio assolutamente al di sotto di ciò che le occorrerebbe per vivere nella grande mela in modo dignitoso.  Stretta tra i suoi doveri professionali, le sue ferite esistenziali in cui ci sono anche un padre e una madre che non l’hanno mai gratificata abbastanza e a cui lei nasconde le sue difficoltà anche economiche, Joanna si concederà il lusso di diventare trait d’union tra Jerry, (come Salinger viene confidenzialmente apostrofato in ufficio) a insaputa di quest’ultimo e dei suoi datori di lavoro e il suo pubblico più ampio e variegato invece di confezionare per questo risposte automatiche. Continuando a indossare le sue mise raffinate e fané da ragazza bon ton impiegata in un ufficio della Quarantanovesima alle prese con i suoi compagni di lavoro, la sua Direttrice austera e strumenti di lavoro affascinanti ma più obsoleti di un McIntosh come il dittafono o la macchina da scrivere, barcamenandosi alla meno peggio in due rapporti affettivo-sentimentali, entrambi pieni di carenze, spinta dalla sua voglia di migliorarsi e di emergere agli occhi del mondo in una città stupefacente ma distaccata nei suoi confronti come nel suo primo giorno di lavoro. Riuscendo, tuttavia, a mantenere intonso il suo amore per le Lettere come unico baluardo verso un futuro che talvolta fa fatica a immaginarsi.

un anno con salinger

Joanna Rakoff, Un anno con Salinger, ISBN 978 88 545 08682, € 17,00

Season’s Greetings with some Books under the Christmas Tree

Alla fine di questo 2021 di poche sorprese è tempo di fare qualche bilancio scrittorio e di lettura.
Organizzare e partecipare da addetta ai lavori a eventi proposti da terzi in emergenza pandemica non è stato semplice e ha richiesto scelte ben precise da parte mia. Quelle più semplici da compiere sono state di natura logistica ma le ricadute a livello socio-affettivo-relazionale sono state notevoli e inevitabili. Per ciascun autore una presentazione è il trat d’union che lo collega al suo pubblico, il feedback privilegiato da cui attingere stimoli sufficienti per continuare ad affabulare su un piano di condivisione emotiva e non semplicemente scrittoria. Il covid19 con le sue tante implicazioni ci ha privati di questa corsia preferenziale limitandola all’essenziale. 
Sono convinta che la vita di un tempo non esista più e che questa strada in cui giocoforza abbiamo dovuto incanalarci sia l’unica percorribile senza rimpianti di nessun genere: abbiamo solo la possibilità di guardare in avanti e progettare il nostro futuro con speranza e resilienza.
La lettura credo aiuti moltissimo in tal senso. Un buon libro è un amico formidabile con cui passare il nostro tempo migliore e a cui chiedere risposte alle nostre tante domande. Non ci tradisce né ci rimprovera mai; neanche quando, in ottemperanza al decalogo del lettore di Pennac, decidiamo di metterlo da parte. Affina la nostra capacità di percepire il mondo circostante e ci mantiene giovani “dentro”. Possiamo portarlo dovunque con noi, leggerlo e rileggerlo all’infinito scoprendo ogni volta sfumatore diverse per arricchirci.
Il mio saluto grato per tutti coloro che hanno la pazienza di seguirmi per il tramite di questa mia pagina  così poco sistematica e forse troppo empatica è l’elenco completo degli otto libri che, a partire dai primi mesi dell’anno, ho scelto di recensire per amore e solo amore della lettura: senza costrizioni di nessun tipo, da recensora freelance di Cyrano Factory. Di qualcuna avete già contezza perché l’ho pubblicata qui su WP, qualcun’altra, invece, è ancora tutta da leggere e da scoprire.
Sono il mio personale tesoretto da consigliare, un’interfaccia felice di Lucia autrice e lettrice realizzata sul filo della sua sensibilità.
Auguri di buonissime feste a tutti. Che possiate davvero stringere sempre il mondo nel palmo di una mano sola.

Lucia  

Le mie recensioni librarie su Cyrano Factory del 2021

Il treno dei bambini, Viola Ardone 

La signorina Crovato, Luciana Boccardi 

Lettere d’amore da Montmartre, Nicolas Barreau

Finché il caffè è caldo, Toshikazu Kawaguchi

Storia di un fiore, Claudia Casanova

Le siciliane. Storie vere, Giacomo Pilati

Oliva Denaro, Viola Ardone

Punto pieno, Simonetta Agnello Hornby

 

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Presentazioni d’Autore: “La signorina Crovato” di Luciana Boccardi

La piccola Luciana è la primogenita di una coppia di musicisti, marito e moglie, formata da Raoul Masin Crovato, antifascista convinto e talentuoso artista, e Marcella Salvadori, maestra di piano, conosciuta da Raoul in occasione di una festina musicale organizzata dall’istituto religioso in cui la donna presta la sua opera come insegnante. Il matrimonio, all’inizio osteggiato dalla famiglia di artisti di riconosciuta fama Masin Crovato e dai Salvadori, borghesi benestanti e assai conservatori, è il frutto di amore e passione autentici ma è purtroppo funestato da molti avvenimenti dall’esito sfortunato a causa dell’indole artistica e del carattere impetuoso di Raoul, che in giovane età perde la vista e riporta gravi menomazioni fisiche cercando di trarre in salvo una famigliola durante un incendio del Cinema-Teatro Imperiale, di proprietà di sua madre, “Gingia” Fiorio ex ballerina di flamenco bohemienne, in cui presta servizio come factotum. La “disgrazia” paterna segna indelebilmente la sorte di Luciana bambina costringendola a una sorta di esilio forzato in casa d’altri per ben due anni in attesa di tempi familiari migliori. Sono attimi difficili ma al tempo stesso pieni di costruttività per la bimba che, nel suo piccolo si ingegna come può per ben integrarsi nelle due famiglie che la accolgono come figlia putativa benvoluta da tutti per il suo buon carattere e la sua voglia di fare. La permanenza in campagna va avanti inframezzata da visite brevi di nonni e zie materni e altrettanto fugaci sortite a Venezia, sua città natale, in occasione di eventi familiari importanti. Luciana accetta ogni cosa di buon grado pur sentendosi in certo qual senso abbandonata dai suoi affetti più cari. La stabilità affettiva raggiunta con fatica viene messa a repentaglio nel 1938, anno in cui i suoi genitori decidono che lei debba tornare a casa. Luciana si arma di buona volontà e impara con un uso di resilienza ammirevole a convivere in una situazione familiare difficile e precaria, costellata da problemi di ordine economico a cui la grande disponibilità di sua madre Marcella e l’aiuto dei nonni materni non sempre riescono a porre riparo, e difficoltà personali del padre, insofferente per la menomazione visiva che gli ha precluso ogni velleità artistica.  La ragazza si ingegna con molti lavoretti ed espedienti di vario tipo e con grande intelligenza e forza d’animo impara a traghettare sé stessa attraverso le mille problematicità femminili cui all’epoca vanno incontro giovani donne come lei a cui manca un’autorevole protezione familiare. Il lieto fine di tipo professionale per nulla scontato e molto lavorato prima che tangibile, sarà il frutto della sua grande tenacia e determinazione oltre che del suo generoso senso della famiglia condotti di pari passo con i suoi progressi personali.
Luciana Boccardi narra le vicissitudini delle famiglie Masin Crovato/Salvadori per bocca della piccola e poi giovane Luciana romanzandole quel tanto che basta per acquisire il favore del lettore, incollato sino all’ultima pagina per sapere come andrà a finire questa narrazione dai risvolti spesso amari ma condotta con estremo realismo e senso degli eventi. Una storia di crescita e formazione che è anche un’opportunità di speranza in un futuro migliore ottenuto lavorando duramente ma con molto amore verso sé stessi anche e soprattutto in presenza di circostanze avverse. Lo stile narrativo è scorrevole e mai ridondante, arricchito dall’iniziale albero genealogico familiare assai curato nei dettagli che offre anche uno spaccato molto verosimile della Venezia di primo e secondo Novecento accompagnato dalla cornice privilegiata dei principali eventi storici e artistici dell’epoca che gli conferiscono una prospettiva di spessore rafforzata ed efficace. 

Lucia Guida

L’autrice

Nata a Venezia in una famiglia di musicisti, ha lavorato per anni alla Biennale di Venezia partecipando all’organizzazione dei più importanti festival di musica e teatro. Giornalista, studiosa di moda e di costume, è stata per decenni – ed è tuttora – la firma di riferimento per la moda de «Il Gazzettino».*

*minibio presa dal sito di Fazi Editore

Luciana Boccardi, La signorina Crovato, ISBN 9788893258463, € 18

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Presentazioni d’Autore: “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” di Remo Rapino

La vita di Liborio Bonfiglio appare da subito segnata da quelli che Liborio medesimo, voce narrante di questo romanzo corposo vincitore del Premio Campiello 2020, chiama  “segni neri”: circostanze sfortunate, a cominciare dal temporale fragoroso che ne annuncia la nascita in una serata agostana sui generis in cui sua madre e suo nonno materno attendono medico e levatrice che tardano ad arrivare, e a terminare con l’attesa paziente del protagonista seduto in perfetta solitudine su una sedia spagliata nella sua modesta abitazione, pensando alla vita colorita in maggior parte di controversie che, si sa, “sono  come le cirasce, una tira all’altra”.
Eppure Liborio da bravo traghettatore cerca di reagire alla malasorte vivendo per ben ottantaquattro anni; attraversando il ventennio fascista, la seconda guerra mondiale, il boom economico, gli anni di crisi politica e morale del Belpaese, da lui percorso da centro-sud a nord e viceversa in lungo e in largo, alla ricerca di occasioni di vita migliore, di compagnie maschili e femminili mitizzate in cui identificarsi, come quella di  Venturi Ermes, conosciuto ai tempi del militare e mai più dimenticato assieme a Giordani Teresa, il suo primo amore e la figura del maestro Cianfarra Romeo, pietra miliare della sua infanzia e ricordo costante di ciò che avrebbe potuto essere se soltanto il destino gli avesse regalato occasioni più propizie. Liborio va avanti per la sua strada abbracciando fedi politiche e dottrine sociali in cui si riconosce, conservando in tasca la copia del romanzo deamicisiano “Cuore”, dono del buon maestro Romeo che mostra soltanto a chi sente affine al suo destino tanto da sceglierlo come depositario dei suoi racconti di vita e di strada e delle sue confidenze. Dei suoi sogni e delle sue speranze coltivati con estremo senso delle proporzioni, tipico atteggiamento di chi sa di poter osare sino a un certo punto perché ha tasche che possono contenere soltanto sassi con cui restare ancorato al suolo nelle giornate di vento forte. Un Cocciamatte savio a detta del dottor Mattolini Alvise del manicomio di Imola, luogo in cui Liborio soggiornerà a lungo a seguito di una vicissitudine tragica che lo ha visto protagonista e che ha segnato la sua fine lavorativa. Personaggio autorevole da cui l’operaio aspetterà invano in dono un camice bianco a testimonianza del pieno riconoscimento della consapevolezza e lungimiranza mostrate, certamente migliori e più profonde di quelle di tanta brava gente; un poveraccio connotato, invece,  da uno phisique du rôle ben preciso una volta di ritorno al luogo di nascita, appena tollerato dai suoi compaesani, incarnazione per qualcuno di essi dei peggiori disegni esistenziali. Eppure Liborio riuscirà a prendersi comunque la sua rivincita personale sull’Amore che a suo tempo non lo ha benedetto e su Maccarone, benestante marito di  Giordani Teresa, andando ben al di là del bacio casto di gioventù rubato in una giornata di grandi celebrazioni. Con il placet solidale dei lettori, attenti e curiosi sino all’ultima pagina di questa storia dolceamara in cui luci e ombre, sorrisi sfumati di malinconia autentica, si alternano e si fondono in spaccati di grande umanità culminando in un finale  scenografico ed evocativo ma certamente coerente. Un finale costruito da Liborio a sua immagine e somiglianza, allo stesso tempo rassicurante e intriso di pathos.

Il linguaggio con cui Remo Rapino fa parlare Liborio Bonfiglio è un mixage accurato di italiano standard e dialetto abruzzese, ricco di neologismi coniati dallo stesso Liborio per mantenere il passo e la storia all’altezza di tempi e luoghi da egli menzionati. L’opera è, infine, corredata da un piccolo glossario finale pertinente e utile a chi ha poca dimestichezza con il registro linguistico del protagonista.

Lucia Guida

 

L’autore

È stato insegnante di filosofia nei licei. Vive a Lanciano. Ha pubblicato i racconti Esercizi di ribellione (Carabba 2012) e alcune raccolte di poesia, tra cui La profezia di Kavafis (Moby-dick 2003) e Le biciclette alle case di ringhiera (Tabula Fati 2017).*

 

*minibio presa dalla quarta di copertina dell’opera edita da Minimum Fax

Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, ISBN 9788833890876, € 17

 

La recensione originale è presente su questa pagina

“Tre Storie”: Gianrico Carofiglio

Cari amici,

tre proposte di lettura e/o rilettura dedicate a Gianrico Carofiglio da me pubblicate sulla mia pagina di recensioni  “Tre Storie” sul sito di  Cinema, Teatro, Libri, Arte, Musica e Viaggi culturali Cyrano Factory .
Per il mio viaggio attraverso la scrittura di quest’autore ho scelto tre romanzi, “Ad occhi chiusi”, Sellerio, 2003, “Né qui né altrove, Una notte a Bari”, Laterza (2008) e “Il silenzio dell’onda”, Rizzoli (2012).
Perché un libro salva sempre. Ed è un salvataggio che dura in eterno.
A rileggerci presto

Lucia

 

 

Tre Storie: “Due occhi azzurri” di Thomas Hardy

Terzo e ultimo appuntamento della triade hardiana da me prescelta per la recensione d’Autore con il romanzo “Sotto gli alberi”, letto nella edizione Fazi del 2017 con traduzione a cura di Maria Felicita Melchiorri.
Buona lettura

 

DUE OCCHI AZZURRI

Elfride Swancourt, ragazza le cui emozioni risiedevano vicinissime alla superficie, è giovane e bella, innamorata dell’amore e ansiosa di vivere una storia affettiva con un uomo che la aiuti a svincolarsi dall’entourage della parrocchia situata nei sobborghi spazzati del Wessex inferiore, diretta da suo padre,  poco propenso a dedicarsi con devozione all’ingrato compito di crescere una figlia in età da marito. L’occasione arriva provvida grazie alla necessità di ristrutturare la torre e la navata laterale della chiesa di Endelstow   da lui retta affidata da Lord Luxellian, notabile del luogo, a un giovane architetto, Stephen Smith, in rappresentanza di un famoso studio londinese interpellato a tale scopo. Su di lui si concentrano le fantasie romantiche di Elfride, rafforzate dall’idea paterna che il giovane appartenga a un casato nobiliare locale. Il sogno d’amore sfuma nel momento in cui, a fronte di ricerche maggiormente approfondite, Mr. Swancourt scopre che Stephen è in realtà di umili natali. Trasferitosi in giovane età a Londra è grazie alla generosità e all’appoggio di alcune personalità, tra cui il gentiluomo Henry Knight, che ha potuto studiare e procacciarsi un rispettabile impiego. La ragazza continua tuttavia a frequentarlo promettendosi a lui grazie ad alcune rocambolesche vicissitudini che costellano la sua contrastata storia d’amore.  L’idillio è destinato, tuttavia, a naufragare con la comparsa all’orizzonte di Knight, scapolo impenitente fino alla misoginia ma suo malgrado attratto dall’avvenenza e dall’ingenuità della ragazza di cui si crea un’immagine ideale del tutto personale collimante con gli stereotipi femminili posseduti:  per sua stessa ammissione, infatti, non sarebbe in grado di legarsi a nessuna donna con trascorsi amorosi importanti. Durante l’assenza di Stephen, trasferitosi nel frattempo in India alla ricerca di fortuna maggiore per riproporsi al padre dell’amata e guadagnarne finalmente il favore, Elfride decide all’improvviso di concedere le proprie attenzioni a Knight con la complicità di Mrs. Swancourt, nuova moglie del parroco, con cui Henry è alla lontana imparentato. Ma né Stephen, messo da parte dalla volubilità di Elfride, ora attratta dalla forte personalità del mentore del suo antico fidanzato, né lo stesso Knight, prigioniero della propria ristrettezza mentale in stridente contrasto con la cultura posseduta, riusciranno ad avere la bella ragazza dagli occhi azzurri che, messe da parte le iniziali idee romantiche, accetterà di convolare a nozze con Lord Luxellian, divenuto nel frattempo vedovo, l’unico ad averle saputo offrire quella protezione  e quell’amore da lei lungamente ricercati in una figura maschile.

Il romanzo, pubblicato nel 1873, si articola in 40 capitoli titolati com’è spesso usanza dell’autore, di una prefazione di quest’ultimo e di sue notazioni sui nomi dei luoghi da lui conferiti ai reali toponimi. 
Il personaggio di Elfride è tracciato con la consueta ricchezza di particolari e si conquista presto il favore del lettore intenerendolo con le sue gesta impulsive. La ragazza è tutta impeto ed assalto, profondamente intrisa dello spirito romantico del suo tempo e cresciuta nella mitizzazione di amori tormentati e avvincenti, vissuti a sprezzo anche della propria vita e  a dispetto delle convenzioni. Con la presunzione ingenua di poter essere trattata paritariamente dagli uomini che vorrebbe accanto che, però, mal si concilia con la pruderie vittoriana dell’epoca. Quest’ultima caratteristica fa di Elfride una Tess dei d’Urberville  eroina successiva hardiana in nuce, conferendole una parvenza di quell’intraprendenza e quella magnifica voglia di vivere e di adeguarsi appieno ai cicli naturali stagionali stravolgendo completamente la morale tardo-vittoriana contemporanea. La tirannia amorosa esercitata da Elfride su Stephen trova karmicamente una compensazione nell’esagerata accondiscendenza verso Henry macchiandosi di non detti fatali verso il nuovo fidanzato da cui lei vorrebbe essere accettata incondizionatamente mantenendo un barlume di autonomia personale. Ma i tempi non sono maturi per un atteggiamento tout court da suffragetta. Sarà la sua sincerità finale, tirata in ballo per stemperare l’errore di avergli taciuto sin all’inizio particolari trascurabili ma comunque importanti dei suoi pregressi affettivo-relazionali, a determinare la brusca fine della loro relazione: Henry ha infatti dell’amore un concetto assai tradizionale e molto poco elastico in cui non è contemplata la possibilità anche minima di errore della controparte femminile. Vorrebbe realmente che la sua donna ideale fosse un libro intonso ancora tutto da sfogliare racchiuso in un involucro esteriore seducente ed esteticamente accattivante. Quello di Elfride, certamente, ma sfrondato del temperamento passionale di quest’ultima considerato poco opportuno e addirittura moralmente riprovevole. Il Fato non concederà a nessuno dei due antichi pretendenti benevole chance verso la ragazza: quando entrambi, sia pure per motivi diversi, cercheranno di riabilitarsi agli occhi di Elfride troveranno ad attenderli da parte di quest’ultima una sorpresa amara ma assolutamente coerente dal punto di vista narrativo.

C’è chi ha ravvisato particolari autobiografici in questo romanzo collegandoli alla moglie di Hardy, Emma Gifford, soprattutto nelle pagine del romanzo dedicate alla ristrutturazione di parte di Endelstow  Parrish e al rapporto costellato da alti e bassi che legò lo scrittore alla sua prima moglie. A ogni modo le vicende umane di questi personaggi rappresentano un fantastico espediente per dare voce ai paesaggi e all’ambientazione nel maestoso Wessex, protagonista indiscusso anche stavolta e voce potente capace di trasformare in flebile lamento le sia pur giuste e coerenti rivendicazioni degli esseri umani a cui ha concesso asilo temporaneo presso di sé.

Collana:
Le strade
Numero Collana:
323
Pagine:
428
Codice isbn:
9788893252249
Prezzo in libreria:
€ 18
Codice isbn Epub:
9788876251771
Prezzo E-Book:
€ 9.99
Data Pubblicazione:
13-07-2017
 
 
 
ph.credit: fazieditoredotit

Tre Storie: “Sotto gli alberi” di Thomas Hardy

Secondo appuntamento per la recensione d’Autore con il romanzo hardiano “Sotto gli alberi”, letto nella edizione Fazi del 2018 con traduzione a cura di Marco Pettenello.
Buona lettura

 

SOTTO GLI ALBERI

“Sotto gli alberi”, scritto nel 1872, è un romanzo di transizione tra il fortunato “Estremi rimedi” e “Due occhi azzurri”, pubblicato l’anno successivo.

Ha al suo attivo una trama accattivante, briosa e sottilmente ironica, tutta giocata sui tentennamenti amorosi di Fancy Day, maestra di campagna da poco parte della comunità rurale di Mellstock riguardo al fatto se sia più opportuno scegliersi un marito basandosi meramente sul senso della convenienza che ne potrebbe derivare o, invece, privilegiare il sentimento e orientarsi verso una persona che ci attragga realmente. È palese da parte della ragazza, molto attenta a fare esercizio di bon ton anche nella scelta dell’abito più  appropriato da sfoggiare nelle varie circostanze in cui si percepisce protagonista, considerare l’istituzione matrimoniale come mezzo di ascesa sociale; ed è in base a questo parametro che, pur avendo già scelto col cuore Dick Dewy, appartenente a una generazione di carrettieri e abile violinista, si lasci tentare dalla maggior ampiezza di sostanze di Mr. Maybold, il nuovo vicario della parrocchia, elegante nei modi e nell’aspetto, ma anche da Mr. Shiner, proprietario terriero locale desideroso anch’esso di prender moglie e affascinato dall’intraprendenza e dal senso di protagonismo della ragazza. La coralità dell’opera è rappresentata di nome e di fatto dal gruppo dei musicisti di Mellock a cui è affidato il compito di discettare di piccole e grandi cose esistenziali in maniera assolutamente naturale e fatalistica in cui poco è lo spazio attribuito a filosofeggiamenti che non risentano della naturalità della Vita stessa. Il gruppo di cantori di cui fa parte Dick stesso e buona parte della sua famiglia è tutto teso alla riaffermazione del proprio principio di sopravvivenza a fronte dell’esigenza di smantellarlo da parte di terzi (non si sa bene se incarnata dal personale desiderio di Mr. Maybold di liberarsene per svecchiare la cerchia dei collaboratori della parrocchia che gli è stata affidata oppure, molto più concretamente, segno di rispetto verso Mr. Shiner che è tra i suoi maggiori benefattori e che da sempre è acerrimo nemico dei musici/parrocchiani).
Il libro si articola in quattro sezioni  di tipo naturalistico e stagionale, culminando in un‘ultima parte, la quinta, costituita da due capitoli in cui Hardy, da buon narratore onnisciente, si diverte a tirare le fila della storia imbastita cercando di posizionare nel modo più coerente tutti i tasselli lasciati in sospeso nel corso della narrazione.
Anche in questo romanzo vi è un’ampia componente di tipo descrittivo in cui la magistralità dello scrittore si mostra in tutto il suo splendore anche grazie alla fruibilità che è maggiore rispetto ad altre opere forse più profonde e significative ma meno scorrevoli di questo riuscito divertissement.

La perla finale è rappresentata dalla teoria amorosa hardiana, disincantata ed emblematica e, per certi versi assai attuale, espressa per bocca del sentimentale Dick e dell’accorta Fancy in un duetto memorabile alla fine della loro festa di nozze:

«Fancy», disse «se siamo tanto felici è perché tra di noi c’è una confidenza assoluta. Da quando mi hai confessato della tua piccola avventura con Shiner vicino al fiume – che in realtà non fu affatto un avventura- ho sempre pensato quanto candida e buona devi essere per raccontarmi una cosa tanto insignificante, e per esserne spaventata com’eri tu. Da allora ho deciso di raccontarti ogni mia azione e parola. Non avremo mai segreti l’uno per l’altra, non è vero? assolutamente nessun segreto».

«Nessuno a partire da oggi», disse Fancy. «Ascolta che cos’è?».

Da un vicino roveto all’improvviso una voce forte, musicale liquida pronunciò queste parole: «Tippiuit! Suicchichicchichì! Vieni qua, vieni qua, vieni qua!»

«Oh, è l’usignolo» mormorò lei, e pensò un segreto che non avrebbe mai rivelato.

Autore:

Thomas Hardy

Titolo:

Sotto gli alberi

Collana:

Le strade

Numero Collana:

352

Pagine:

238

Codice isbn:

9788893253772

Prezzo in libreria:

€ 17

Codice isbn Epub:

9788864116617

Prezzo E-Book:

€ 9.99

Data Pubblicazione:

17-05-2018

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ph.credit: fazi Editore
L’articolo originale pubblicato su Cyrano Factor è qui

Dove eravamo rimasti? – Tre Storie, quando recensire un libro non è solo questione di marketing

Più di tre mesi senza scrivere un rigo. Una pandemia ancora latente (che ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere e di rapportarci col prossimo) a cui prestare la giusta e dovuta attenzione continuando a vivere al meglio, più di un progetto scrittorio e non in essere. Il bisogno di riflettere ma soprattutto di agire sulle cose, imprimendo alle mie giornate un nuovo impulso.
Ricomincio qui su WordPress con una nuova rubrica intitolata “Tre Storie” da una cosa che penso di saper fare bene: leggere e poi recensire libri sul filo delle mie memorie letterarie e delle suggestioni personali. Perché la lettura è atto di consapevolezza e metascoperta ma anche libera interpretazione personale.

Buona lettura a tutti e a presto

Gentili lettori,

a partire da oggi inauguro un nuovo tipo di recensione letteraria incentrata su tre opere elaborate dal medesimo autore nell’arco della propria carriera scrittoria.
Ho deciso di rompere il ghiaccio partendo dal grande Thomas Hardy, autore a me particolarmente caro sin dai tempi dei miei studi universitari, esaminando la sua produzione meno nota per il tramite delle impressioni di lettura ricevute attraverso “Estremi rimedi”, opera del 1871, per poi proseguire a intervalli regolari con “Sotto gli alberi” (1872) e “Due occhi azzurri” (1873). Tre romanzi scritti in perfetta successione cronologica e molto evocativi, a mio giudizio, della sensibilità del loro artefice.
Per la mia analisi ho scelto di affidarmi alla traduzione di Chiara Vatteroni elaborata per la collana Le strade di Fazi Editore (2019).
Buona lettura a tutti

ESTREMI RIMEDI

Quando Thomas Hardy inizia a scrivere il suo Desperate Remedies, in italiano “Estremi Rimedi” è il 1871 ed egli ha già abbandonato la professione di architetto per dedicarsi a quella di scrittore trasferendosi nel Dorset, contea da lui ribattezzata Wessex come uno dei sette regni anglosassoni.
Un ravvedimento professionale  arrivato al momento giusto, il suo.  Con una prosa intrisa di Realismo Vittoriano e di Romanticismo in questo romanzo, pubblicato in forma anonima, cercò di risollevare le sue sorti letterarie con una narrazione al passo dei migliori sensation novels dell’epoca (in origine opere forse un po’ troppo macchinose nell’intreccio) ma tuttavia permeando questo nuovo lavoro del proprio senso esistenziale  in materia di amore, religione, riconoscimenti sociali, lavoro. Tutte tematiche trattate con grande verosimiglianza attraverso uno sguardo attento e non falsamente benevolo sulle tante contraddizioni alla base di un way of living tipicamente vittoriano, fatto di chiaroscuri e profonde ingiustizie  sociali.
La trama è accattivante e ruota tutta attorno alla figura di Cytherea Gray, giovane orfana di belle speranze, ben decisa a conquistarsi un posto di autonomia e indipendenza  anche economiche nella comunità in cui vive senza per questo rinunciare ad aspirazioni tipicamente femminili caratteristiche dei  suoi tempi: amare romanticamente qualcuno reputato alla propria altezza ma non in maniera preponderatamente passionale, con giudizio e senso delle circostanze concrete.
Nelle sue vicissitudini è presente uno dei leitmotiv hardiani: la stretta interconnessione tra ambiente e personaggi che tanto ha avuto peso nella poetica di questo autore. I protagonisti dei suoi romanzi amano, soffrono, agiscono e spesso cercano di fare buon viso a cattivo gioco con un sapiente uso di resilienza nelle circostanze più avverse, mantenendosi tuttavia fedeli al ruolo che il loro creatore ha ad essi attribuito con precisione chirurgica e sottile ironia anche con riferimento alla Natura e a ciò che il Fato ha per essi in serbo.
Altri personaggi di spicco del romanzo sono Miss Adclyffe, anziana notabile che prende a occuparsi di Cytherea con l’azzardato compito di riequilibrare le sorti di un destino che non le è stato in gioventù benevolo;  Aeneas Manston, sovrintendente della gentildonna, dalla figura ambivalente e ricca di ombre, altrettanto manipolatore quanto la sua datrice di lavoro,  a questa legato da circostanze misteriose ma facilmente intuibili nel prosieguo della storia.
Edward Springrove, innamorato di Cytherea e da lei ricambiato, piccolo proprietario terriero locale convince poco con un atteggiamento non sempre incisivo, almeno a principio della storia, riscattandosi soltanto nelle ultime battute laddove riesce finalmente a contrastare in maniera accettabile Aeneas, suo antagonista.
Il romanzo, diviso in tre libri, fu ideato in tale formato per poter essere forse pubblicato a puntate corteggiando a episodi il pubblico di lettori cui era destinato. Gli amanti di Thomas Hardy troveranno assai apprezzabili le descrizioni paesaggistiche  e quelle di introspezione psicologica  a fronte di un andamento in generale di velocità variabile riscontrando, tuttavia, più di un’occasione per leggerlo sino alla fine e portare a compimento il patto narrativo all’inizio contratto con l’autore. Ricevendone un happy ending seduttivo ma di certo coerente con fabula e intreccio.

Autore:Thomas Hardy

Titolo:Estremi rimedi

Collana:Le strade

Pagine:542

Codice isbn:9788893254472

Prezzo in libreria:€ 18

Codice isbn

Epub:9788864119618

Prezzo E-Book:€ 9.99

Data Pubblicazione:26.09.2019

ph.credit: fazieditoredotit

L’articolo originale pubblicato su Cyrano Factor è qui

Presentazioni d’Autore: “NEA-POLIS ovvero contro l’ovvietà del presente” di Antonio Fresa

È un itinerario letterario-esistenziale quello rappresentato in “Nea-polis, ovvero contro l’ovvietà del presente”, da Antonio Fresa, giornalista, docente di filosofia nella scuola secondaria di secondo grado e presidente dell’università della Terza Età di Narni. Un viaggio che inizia da Portici, sua città natale, per poi ampliarsi e inglobare Napoli, da lui eletta come città dell’anima, discettandone a tutto tondo.
Un percorso che si snoda con gradualità, flessibilità e morbidezza attraverso la vita di Antonio dell’ieri e dell’oggi; un vero e proprio viaggio dell’eroe, complesso e circolare, in cui tutto contribuisce consapevolmente a far rientrare il protagonista alla base reggendo saldamente tra le dita un fil rouge sottile e robusto, ben assicurato a quel patrimonio  fatto di memorie proprie e terze e di cultura personale ed extrapersonale, elementi vissuti e metabolizzati in modo inalienabile. Antonio Fresa sente scorrere nelle proprie vene un forte senso di appartenenza e di napoletanità, punti di forza e punti di debolezza, nonostante egli abbia ‘per scelta’ consapevolmente deciso di recarsi altrove per continuare a costruire la propria biografia. E non c’è racconto, o riflessione o semplicemente cronaca di eventi che lo hanno visto protagonista a non risentirne in modo forte e chiaro.
Si parte da poche pagine che costituiscono la ‘Premessa’ di questo lavoro e che rappresentano un modo garbato per accogliere il lettore e mostrargli ciò che di lì a poco andrà a verificare brevi manu, per il tramite della lettura, di persona: sei capitoli muniti ciascuno di un titolo ben preciso e un’appendice finale in cui Fresa regala piccoli frammenti preziosi altrettanto significativi ed evocativi di quel senso di “miseria e nobiltà”, estremi potenti, compenetrati l’uno nell’altro e così ben amalgamati da non poter essere scissi rendendo per chi vi si reca unica e irripetibile l’atmosfera partenopea sin dalla primissima visita.
Non c’è spazio per luoghi comuni né per stereotipi o tipizzazioni in “Nea-polis”, né la possibilità di indulgere in episodi evidenziati sic et simpliciter per le note di folklore locale che possano offrire; a cominciare dal concetto di ‘accento’, inteso nella sua accezione migliore e non come particolare cadenza vocalica, per alcuni primo elemento inequivocabile per etichettare la provenienza di chi abbiamo di fronte e poi, in seguito, associato tout court a tutto un mondo interiore, spesso solo immaginato e non già esperito; e a terminare con l’idea di ‘mediterraneità’ considerata da Antonio come summa esistenziale di ciò che egli ha voluto proporci dal primo istante sino al termine di questo percorso virtuoso, fatto di  compimento e crescita: un ritorno alle origini con un elisir di ben-vivere generosamente condiviso con chi ha avuto l’accortezza di seguirlo in  quest’avventura:

Ecco la magia assoluta del Mediterraneo: luoghi e persone sono la stessa cosa; ci si presenta nella discendenza o nella città d’origine; si è figli di un re o si può essere re di Itaca; si è perché si fa parte di un luogo o comunità; si è perché si conosce il proprio volto nel volto dell’altro; si è perché ci si riconosce nelle parole che gli altri ci presentano  e nell’attenzione che gli altri ci riservano (…) E questo racconto vale per ogni punto del Mediterraneo (…)
E così comprendiamo, pienamente, dove noi siamo, guardandoci nello sguardo di chi giunge o in quello di chi parte o ritorna; e chi parte sa di allontanarsi da uno sguardo che continua a reclamarlo, definirlo, interrogarlo.

 

Lucia Guida

 

L’autore

Pubblicista, docente di filosofia e presidente dell’Università della Terza Età di Narni (TR), Antonio Fresa ha partecipato ad antologie di A.A.V.V. e pubblicato da solista nel 2016 la raccolta di racconti Delitti esemplari nel bel paese, l’Erudita, e nel 2019 NEA-POLIS ovvero contro l’ovvietà del presente per INTERMEDIA Edizioni da cui è stata tratta un’opera teatrale portata sulle scene.
Si dichiara convintamente cittadino europeo senza barriere e senza preclusioni.

Antonio Fresa, NEA-POLIS ovvero contro l’ovvietà del presente, ISBN 978-88-6786-165-1,   €    10,00 

 

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