Buona fine d’anno e buon principio d’anno – Enjoy the Rest of the Year and Happy New Year

Capodanno

È capodanno:
tra il cielo e la terra
inizia l’armonia.

Masaoka Shiki

da Poesie, Acquaviva ( 2004)

Col senno di poi per me il 2023 è stato un anno in cui tutto si è compiuto nella maniera migliore anche se con una lentezza disarmante. Un ritmo esistenziale troppo morbido per la Lucia impatiens che, però, ha avuto il pregio di aiutarmi a mettere a punto molte cose della mia vita che erano in bilico e che necessitavano di una sistemazione (o soluzione, se preferite) diversa e migliore. Mi sono sentita spesso come una studentessa  in procinto di sostenere un esame a porte chiuse seduta su una panca di fronte alla stanza in cui entrerà per essere esaminata. Pronta per cimentarvisi ma timorosa di farlo. Dubbiosa su parti del programma ma nel contempo ansiosa di liberarsi di un fardello che è diventato troppo pesante da portare sulle spalle. Che alla fine si è seduta di fronte al suo examiner e ha dato la stura a tutto ciò che sapeva consapevole che l’esperienza e la conoscenza (ma anche le competenze possedute) non l’avrebbero mai messa del tutto al riparo dalla propria emotività. Chi nasce tondo quadrato non muore, dura lex sed lex. E poi, una volta sostenuto l’esame ha apprezzato sé stessa per aver dato il meglio possibile, si è alzata, ha ringraziato e se n’è andata a passeggiare in riva al mare, affidando alla risacca tutto ciò che avrebbe voluto dire o fare e che alla fine più o meno scientemente ha deciso di non dire o non fare.
Anche questo blog, nato come luogo privilegiato in cui esprimermi ma nella realtà assai spesso trascurato perché sacrificato ad altre priorità ha bisogno di una mano di restyling seria ed efficace. Soprattutto perché è il momento di mettere tutte le carte in tavola: inclusa quella in cui Lucia si assume la responsabilità di mostrare anche attraverso ciò che scrive tutta sé stessa senza intermediari “altri” comodi e compiacenti di sorta.
Quindi, cari tutti, anno nuovo vita nuova.
Di più non voglio dirvi; voglio tuttavia come sempre ringraziare l’Universo e coloro che per il suo illuminato tramite mi hanno condotta sino a questo punto insegnandomi a danzare sotto la pioggia prima di condurmi al sicuro e all’asciutto su una vera e propria pista da ballo.
L’appuntamento è a breve, a brevissimo. E questa volta è una promessa solenne. Nel frattempo il mio augurio sincero e condiviso è quello di centellinare questi ultimi istanti del 2023, tenendo però bene a mente e non perdendo mai di vista il filo lucente, sottile ma robusto dell’Armonia che ciascuno di noi regge in mano e che ha contribuito a dipanare pian piano perché ha realmente voglia di tessere qualcosa. Un oggetto unico che abbia prima di tutto significato per la propria unicità. Una piccola briciola di infinito messa a disposizione di chi possiede occhi per intravederla.

Lucia

ballerina 3 2

Scatto di Robert Doisneau (1912-1994)

Welcome, 2015 …

Sono grata al 2014 per essersi annunciato in sordina e avermi regalato tante piccole soddisfazioni, scrittorie e personali. Di aver reso il mio sguardo più limpido; forse meno disincantato che in passato ma certamente più consapevole.

Non ho avuto tempo di preparare poesie o racconti ad hoc nel turbinio di queste ultime giornate e ve ne chiedo venia; saluterò con voi, quindi, l’anno vecchio che se ne va con una poesia di un’autrice americana, da me tradotta con molta libertà.

Ricordando a me stessa e a voi che siamo sempre noi a connotare nel bene e nel male il Tempo che scivola lentamente tra le nostre mani. Facciamone buon uso, tanto da non rimpiangerlo mai

Auguri di cose belle ma soprattutto buone a tutti

Buon e sereno 2015

Lucia

The Year

“What can be said in New Year rhymes,
That’s not been said a thousand times?
The new years come, the old years go,
We know we dream, we dream we know.
We rise up laughing with the light,
We lie down weeping with the night.
We hug the world until it stings,
We curse it then and sigh for wings.
We live, we love, we woo, we wed,
We breathe our prides, we sheet our dead.
We laugh, we weep, we hope, we fear,
And that’s the burden of a year.”

 

Ella Wheeler Wilcox (1850-1919)

 

 

“Cosa si può dire in rima di un nuovo anno, che non sia stato detto mille volte? Gli anni nuovi vengono, quelli vecchi vanno, sappiamo che sogneremo, sogniamo di sapere. Ci risolleveremo ridendo con la luce, ci sdraieremo piangendo con la notte. Abbracceremo il mondo fino a che non pungerà, lo malediremo e poi sospireremo per un paio d’ali. Viviamo, amiamo, corteggiamo, ci sposiamo, respiriamo il nostro orgoglio, piangiamo i nostri morti. Ridiamo, piangiamo, speriamo, temiamo, e questo è il peso di un anno “.

 

 

 

 

photo by www.bride.ca

La Fata della Melagrana

La Melagrana ha segnato indelebilmente quest’anno per me specialissimo e singolare. Vorrei concludere questo dicembre insolitamente soleggiato e quasi primaverile con una piccola fiaba che parla di infanzia, di fantasia, di fate minuscole e benevole e di melagrane beneauguranti. Pensando per voi una fine morbida, senza scossoni, e un principio altrettanto graduale colorato di positività e passione per le cose belle e vere.
Arrivederci, 2012. Benvenuto, 2013.

La Fata della Melagrana

La bambina prese con le mani le due metà della melagrana perfettamente combacianti e simmetriche incerta sul da farsi. Poi decise di separarle con dolcezza, lasciando che copiose gocce di succo agrodolce e vermiglio macchiassero la tovaglia bianca di fiandra con cui la tavola era apparecchiata.
La donna si stiracchiò languidamente, svegliata dalla solerzia della bambina guardandola interrogativamente e poi con maggior indulgenza e disponibilità. Destarsi all’improvviso le era costato parecchio ma comprendeva la curiosità di quella donna in nuce e decise di accontentarla. Fece qualche passo di danza per sgranchirsi le membra intorpidite sul chiaroscuro della tovaglia damascata lasciandosi guidare da una musica immaginaria e dal piacere genuino di quegli occhi infantili colmi d’intelligenza intenti a seguire con interesse ogni sua mossa. Sfoderò tutta l’intraprendenza che possedeva nel percorrere il perimetro quadrato del piano su cui poggiava ben attenta a non scivolare oltre, verso profondità e altezze inesplorate. Continuò fermandosi davanti alla foglia lucidissima e verdissima di un’arancia matura, saggiandone la consistenza provando a dondolarsi con leggerezza, le mani ben salde al picciolo, e la bimba ripensò a pigre giornate estive trascorse nel dormiveglia intrecciando le dita nelle maglie di un’amaca lontana dal vago sapore di salsedine e le sorrise. Decise, allora, di offrirle la polpa sugosa di un acino d’uva maturo e la donna accettò con gratitudine. Insieme ne assaporarono la dolcezza senza pretese a lungo e in silenzio; poi la creatura misteriosa accettò di salire sul palmo di quella manina grassoccia e amichevole per farsi esaminare con la stessa precisione di uno scienziato intento a osservare al microscopio un organismo prezioso e minuscolo poggiato con cura su un vetrino: i capelli lunghi e liscissimi, dalla consistenza setosa. La pelle rosea e compatta del viso. Gli occhi color ambra, mobili ed espressivi. Un corpo femminile sinuoso e morbido appena velato da un abito di consistenza traslucida che alla bimba fece pensare alla sottilissima pellicina dell’acino d’uva appena assaporato. Una fata perfetta e amabile, simile alle tante creature fiabesche da lei conosciute e amate nelle ore di assoluta e compiuta solitudine trascorse nella lettura avida di pagine e pagine di storie senza tempo. A lungo rimasero lì, insieme, avare di parole, comunicando un mondo di idee e sensazioni attraverso le sfumature sottili ed espressive dei loro sguardi sino a quando un rumore improvviso e inaspettato non le fece sobbalzare entrambe, con la sgradevole percezione di essere state appena colte in flagrante.
Il persiano di casa osservò sornione la sua giovane padrona dal basso, strofinandosi contro una gamba tornita del tavolo, riflettendo sulla prossima mossa da compiere. La fata portò l’indice alla bocca chiedendole silenzio e complicità e la bambina con delicatezza decise di lasciarla laddove l’aveva, quel giorno, scoperta per la prima volta, accanto ai grani trasparenti e rossastri del frutto che era la sua dimora e attese. L’altra annuì con un sorriso leggero lasciandosi racchiudere con grazia nella sua prigione dorata. La bambina guardò a lungo le due metà ora saldate alla perfezione e non disse nulla.
Poi, con fare autorevole, si rivolse al suo antico compagno di giochi invitandolo a seguirla come sempre in giardino.
Di quel pomeriggio magico e irripetibile non rimasero che poche stille vermiglie sul candore violato di una tovaglia delle feste e un’aria svagata e pigra ma stranamente appagante offerta dal sole e dal garbino attraverso la finestra aperta su una domenica di dicembre unica e speciale.

Lucia Guida

fairy_3_by_danez[1]

photo by Danezz