PRESENTAZIONI D’AUTORE – “ La figlia del sarto “ di Lucilla Pavoni.

Nel mio caldo autunno scrittorio 2012 c’è anche la conduzione di una rubrica letteraria di presentazioni librarie presso l’Associazione Culturale OliS di Montesilvano (PE), a cui sono iscritta da diversi anni, su espressa richiesta di Michele Meomartino, socio fondatore.

A inaugurazione di questo ciclo di incontri domenica 25 novembre 2012 l’opera prima di Lucilla Pavoni, intitolata “La figlia del sarto”. Il libro, pubblicato nel 2009 per la prima volta, è la narrazione lucidissima e attendibile di uno spaccato d’Italia, con riferimento particolare alla società rurale marchigiana del secondo dopoguerra. La Lucilla di un tempo analizza con silenziosa e attenta curiosità propria di una bimba di cinque anni la ciclicità dell’esistenza nelle sue varie fasi, dai primissimi istanti scanditi dalla descrizione di Marcellina di sua figlia ( “ Sei proprio ‘na contadina! Del resto sei nata su un campo! “ ) in “Le origini”, sino alle battute finali della giovanissima esistenza di “Alberto” nell’omonimo capitoletto, suo compagno di giochi, perito all’improvviso e prematuramente in “(…) un giorno bellissimo, felice più che mai .

Si parte dall’immagine scultorea di Edmondo, il sartore, misuratore sociale del  piccolo microcosmo contadino di appartenenza e personaggio di spicco al pari di artigiani come barbiere e calzolaio, capaci di trasformare, con la loro abilità in signore  “ anche l’ultimo miserabile di questa terra ”, accompagnato nel suo girovagare professionale dalla figlioletta in paese e nelle campagne circostanti, accolto da tutti a braccia aperte, per poi proseguire con Lucilla oramai adulta alla ricerca delle proprie origini fatte di “foglia e ramo e albero e terra su cui tutto poggia”, grata per essere riuscita, sia pure con fatica, a ritrovare se stessa e la propria anima. La rassegna continua con la narrazione di “camilli e donne vestite nude” di colonialistica memoria seguita dalla descrizione particolareggiata di incontro, promessa, corteggiamento e matrimonio in “Li spusi”, con l’elencazione perfetta di tutto ciò che a corollario caratterizzava tale stagione di vita; un esempio tra i tanti la lenta costituzione della “cassa del corredo”, “viatico per tutta la vita” per le donne di una volta. Di pari passo scorrono come perfetti fotogrammi di una vita all’insegna della semplicità  e dell’essenzialità i momenti fatti di ineluttabilità in cui con un conforto dato dalla saggia accettazione  dell’imponderabile “la morte era meno morte” e immagini impresse indelebilmente di cose, personaggi e piccole e grandi creature della natura: Pacì, Annina e una piccola figlia di contadì compagna di scuola, umanità variegata e specialissima nella propria unicità, fatta di tangibilissimi punti di forza e di fragilità. Il volo “impazzito” delle candelore trattate come minuscoli aquiloni viventi e i bachi da seta di Dorina, “insaziabili, ansiosi di crescere” e tuttavia condannati a fine certa sia pure preceduta da un bagno generoso nel sangiovese. Piccoli lussi come la scatola di Idrolitina ottenuta dalla “vergara” in cambio del surplus delle uova prodotte dalle galline del suo pollaio; erbe curative  come “grugni, crispigne e pimpinelle” capaci di togliere di torno ogni male, rafforzate nell’effetto benevolo dall’uso antico di gratitudine, speranza e fede nella positività che è insita in ciascuno di noi e nell’energia potente e rigeneratrice dell’Universo stesso.  La consapevolezza di giudei, contadì e paesà di essere piccoli tasselli di un unico, irripetibile quadro, accomunati da sentimenti, paure ancestrali di malesseri come un fastidiosissimo mal di denti, vissuto come interruzione forzata del fluire incessante e doveroso dell’esistenza, di “ove pinte” di riconosciuta bontà a esorcizzazione di un presente di molti affanni e pochissime soddisfazioni, di amore sviscerato per la terra “bottega dove trovi tutto”, desiderio di “fortuna” e timore della malasorte e voglia  incessante di ”libertà” sacrosanta e imprescindibile, connaturata a tutti gli esseri viventi.

Tutto ciò e molto altro ancora in 124 pagine, prologo e indice inclusi nella ristampa del luglio 2011 a cura di Scriptorama , caratterizzate da un’attestazione costante di profondo e sentito amore per le cose perdute di un tempo, appena velato dalla malinconica consapevolezza dell’autrice che ciò che è stato non potrà più essere.  Affiancato, tuttavia, da altrettanta coscienza di essere a buon punto del proprio cammino di crescita personale per aver saputo rivalutare odori, colori, sapori, sensazioni di vita vera in un oggi possibile e maggiormente sostenibile con una scelta di vita radicale ma necessaria.

L’autrice 

Lucilla Pavoni è nata a Filottrano (AN) nel 1948. Dopo varie perigrazioni che l’hanno portata anche in Africa, ha oggi finalmente realizzato il sogno di tornare a vivere nella campagna marchigiana, a diretto contatto con la natura e gli animali. “La figlia del sarto” è la sua opera prima.

Le citazioni

In “Le origini”:

“ Ci ho messo tanto a ritrovarmi, confusa da mondi che mi avevano fatto perdere la strada, ma poi ho cominciato a ricordare e a  capire dove poter ritrovare l’essenza della mia Anima”

A proposito del “corredo”:

“ In quella cassapanca di legno c’era tutto, il passato, il presente, il futuro; era un viatico per tutta la vita ”

“Anche un semplice orlo può raccontare tante cose: l’imperizia del ricamo nei primi centimetri del lavoro, la confidenza che si prende man mano che si va avanti, le soste forzate quando non si ha più soldi per il filo da ricamo, gli attimi di esitazione e di inutilità del lavoro quando litighi col fidanzato, la ripresa piena di gioia quando si fa pace, la fretta di vederlo già finito sul letto da
sposa”

In “ Profumo di mosto”:

“ I vecchi sapori sono scomparsi. C’era il sudore in quello che mangiavi e la trepidazione di un’annata incerta; c’era l’incenso delle processioni per chiedere pioggia quando la siccità bruciava tutto, e le litanie a Sant’Antonio quando “lu porcu s’ammalava”

In “La mamma dei bachi”:

“ A volte mi sono sentita così, racchiusa in un bozzolo che sembrava una protezione dal quale non avrei voluto uscire perché era bello e rassicurante rimanere all’interno, ma ogni volta mi tornava in mente Dorina con i suoi occhi verdi così belli, il suo grembiule ordinato, le sue mani delicate e gentili, e mi sono ricordata che tutto questo era sinonimo di morte e allora ho ripudiato tutte le Dorine di questo mondo, rassicuranti, amorevoli ma assassine. Ho fatto un buco nel mio bozzolo e ho scelto la vita”

Presentazione de “La figlia del sarto” a OliS, Associazione Culturale di Montesilvano (PE)
25 novembre 2012

Il gruppo creato dall’autrice su Facebook:

https://www.facebook.com/#!/groups/335294759881980/

“La figlia del sarto” è reperibile qui e nei principali store on-line